Università, ma non da soli

Bisogna pensare a come trasformare l'università per migliorarla, garantendo qualità, equità e libertà, pur fronteggiando sfide complesse

Essere consapevoli di sé, approfondire la conoscenza del mondo che ci circonda, imparare a farsi le domande giuste e saper trovare le risposte. È la boa che consente di non essere trascinati dai marosi di una realtà incerta e complessa, oltre che la strada del nostro cammino di esseri umani. In questo, la formazione universitaria gioca una grande responsabilità. E anzi, “un ateneo deve essere il luogo in cui lo studente sviluppa autonomia critica, rispondendo in prima persona alle proprie domande, senza delegare a ‘maestri’ presunti o, peggio, ai social media”, ha sottolineato Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università Milano-Bicocca e presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) nel convegno organizzato sabato scorso in Bicocca dall’Associazione Universitas University, dal gruppo studentesco Help Point e dall’International Center Piero Caldirola. Il momento si svolge dal 2006 una volta all’anno e coinvolge docenti, studenti e personale non docente dell’ateneo milanese.



Riflettere sulla didattica del futuro significa interrogarsi su come affrontare i rapidi cambiamenti del contesto sociale e tecnologico senza subirli passivamente. Come trasformare l’università per migliorarla, garantendo qualità, equità e libertà, pur fronteggiando sfide esterne sempre più complesse?

Il mondo della formazione terziaria è chiamato a rispondere a diverse trasformazioni: la crescita delle università telematiche; il crollo demografico, che riduce il numero potenziale di studenti; la migrazione interna, con studenti che si spostano dal Sud e dalle aree periferiche verso il Nord; la scarsità di risorse, che richiede soluzioni innovative per mantenere qualità e competitività.



In particolare, a riguardo della diffusione di università telematiche avvenuto con la pandemia, se da una parte ampliano la platea di coloro che studiano, dall’altra riducono il bagaglio di esperienze che deve avere la formazione.

Studiare all’università significa vivere un’esperienza immersiva: seguire lezioni, dialogare con docenti e compagni, condividere lo studio e la rielaborazione del pensiero, partecipare a scambi culturali e confrontarsi ogni giorno con una comunità viva, sottoporsi a una seria valutazione della didattica.

Un’università di qualità forma individui non solo ricchi di conoscenza, ma dotati di competenze trasversali: lavoro di squadra, stabilità emotiva, coscienziosità e motivazione. Questo risultato si ottiene vivendo in “comunità pensanti”. In questo modo anche la tecnologia può essere utilizzata in modo più creativo e stimolante.



“La curiosità intellettuale – ha aggiunto la Iannantuoni – è il motore di ogni vera conoscenza. Essere curiosi significa esplorare alternative, accettare l’incertezza e imparare a valutare criticamente le scelte”.

Non solo: l’università raggiunge il suo scopo quando si popola di aggregazioni studentesche che si aprono oltre i loro specifici interessi: la “terza missione” dell’università – il suo impegno verso la società – comincia da qui.

Con un approccio che valorizza relazione, innovazione e inclusività, l’università può affrontare le sfide del futuro, rimanendo un luogo non solo di sapere, ma di crescita umana e sociale.

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