Al servizio di quale re?

Oggi, festa liturgica di Cristo Re, ognuno è chiamato a verificare di quale re è divenuto servitore. Cristo regna, lo documenta l’umantà cambiata

L’anno liturgico si chiude con la strana festa di oggi: “Cristo Re dell’universo”. Abbiamo già tutti gli anticorpi necessari per arginare il rischio di intendere in modo maldestro il titolo di “Re” attribuito a Gesù, ma talvolta pare che la sua regalità sia fin troppo addomesticata. Una pretesa di potere, infatti, Cristo ce l’ha eccome. Il Vangelo di oggi lo rivela nell’intenso dialogo tra Gesù e Pilato: “Allora Pilato gli disse: ‘Dunque tu sei re?’. Rispose Gesù: ‘Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce’” (Gv 18,37).



In molti hanno subito il fascino della regalità di Cristo: gente malata è guarita, morta è risorta, spenta si è riaccesa, disperata ha ritrovato la speranza, sfinita è stata rinvigorita, ignorata è stata preferita… un potere originale, non mondano, scaturiva dalla sua persona e poteva essere intercettato. Di che genere di potere si trattava? Benedetto XVI lo descrisse, nel 2009, in modo significativo: “Ma in che cosa consiste il ‘potere’ regale di Gesù? Non è quello dei re e dei grandi di questo mondo; è il potere divino di dare la vita eterna, di liberare dal male, di sconfiggere il dominio della morte. È il potere dell’Amore, che sa ricavare il bene dal male, intenerire un cuore indurito, portare pace nel conflitto più aspro, accendere la speranza nel buio più fitto. Questo Regno della Grazia non si impone mai, e rispetta sempre la nostra libertà. Cristo è venuto a ‘rendere testimonianza alla verità’: chi accoglie la sua testimonianza, si pone sotto la sua ‘bandiera’, secondo l’immagine cara a sant’Ignazio di Loyola”.



Il potere mondano chiede sempre una sorta di “accasamento”: per esserne difesi occorre decidere di dipenderne. Il potere del Figlio di Dio ha dei connotati differenti: si esalta del nostro camminare, “non si impone mai, e rispetta la nostra libertà”. Questo vuol dire essere “Re” per Gesù, e tutti possiamo fare esperienza della sua regalità nel mondo quando ci accorgiamo che “Non manca Dio, manca l’io, un io come quello che documentano i Salmi, che abbia dentro di sé tutta la nostalgia, la sete di una risposta esauriente. Ecco perché Gesù dice: ‘Beati quelli che hanno fame e sete’ (Mt 5,6). Beati! Perché soltanto un io ridestato, assetato, può riconoscerLo, commosso… La lotta contro il potere è a questo livello: un io presente a se stesso è la vittoria sul potere, sul tentativo del potere di ridurlo nello slancio del suo desiderio, di appiattirlo. Per un io che ha fame e sete, le offerte del potere sono briciole, perché sa che nessuna elargizione può bastare, nessun posto al sole è sufficiente a soddisfare il suo bisogno; questo io sa dove trovare riposo, un riposo all’altezza delle sue esigenze costitutive (Julián Carrón, La bellezza disarmata, Milano, Rizzoli, 2015, p. 155).



Che Cristo regni è documentato dalla presenza di uomini e donne che vivono la vita all’altezza del loro desiderio, totalmente presenti a loro stessi. “Tu sei diverso dagli altri”, si è sentito dire un amico dal collega di lavoro contento di potersi confidare. “Hai un modo invidiabile di stare coi tuoi figli”, ha detto una vicina di ombrellone a un’altra amica intenta a farli giocare in spiaggia l’estate scorsa. E si potrebbero raccontare numerosi fatti semplici come questi che, nel tempo, diventano il vero cambiamento della storia, davanti al continuo passare da una poltrona all’altra di chi ha scelto la strada del mondo e del suo potere. Non c’è festa più efficace di quella odierna per introdurci nel grande tempo di Avvento, nel quale ciascuno potrà verificare ancora una volta di quale re è divenuto servitore.

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