Quando il tuo bambino, cosi bravo, porta a casa un’insufficienza e tu va a malmenare la maestra… sei nel territorio dell’homo imbruttitus. Quando il tuo bambino un po’ cresciutello lo porti a giocare a calcio e la mamma lo incita a spaccare le caviglie all’avversario pur di fare gol anche se è terzino. Quando il tuo bambino in età preado (giuro, si usa dire così)  si isola con smartphone e cuffiette con trapper o anche porno, così almeno per qualche ora non rompe e poi come facevo a saperlo? Quando in casa ti vanti del tuo stipendio di giada o meglio delle furbate con cui gliel’hai messo in saccoccia a quegli altri. Quando al marmocchio mostri con orgoglio il suvone full optional green facendogli rimarcare che mica tutti possono, eh.. Quando predichi che mai fidarsi. Quando sentenzi che ogni lasciata è persa…. Sei sempre nelle terre dell’homo imbruttitus, detto anche homo grettus E tu, ragazzo, quando ti oracolano che l’ottimismo è il profumo della vita… Quando ti ammaestrano che se vuoi essere qualcuno devi superare gli altri nel fare, nell’avere e soprattutto nell’apparire e nell’esibire…  Che nessuno fa niente per niente, diffidare, diffidare sempre…



Quando succede così, cioè di norma, dopo è inutile meravigliarsi che tanta giovinezza è come minimo tartassata da ansia, depressione, mancanza di autostima (molti studi lo attestano) e come estremo vocata alla violenza in tutti i rapporti, beninteso non escluso il sesso, passando per il bullismo di gruppo e il coltello facile.



Non so di pedagogia, ma in questi casi mi sento gaberiano fino in fondo: “Non insegnate ai bambini, non insegnate la vostra morale; è così stanca e malata,  potrebbe far male”.

Infatti, la grettezza imbruttisce l’io, lo deprime, perché l’io gratuitamente è originato e per la gratuità è al mondo. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date: lo esplicita il vangelo, ma è fatta così la natura umana.

Cerchiamo dunque territori abitati dall’homo humanus, e curiamoli. Spazi decarbonizzati dalla grettezza e dove i ragazzi vengano su respirando aria buona. Non fuori dal mondo, ma dentro. Il veleno è infatti l’espulsione della gratuità dalla vita-che-conta e dalle cose-che-contano.



Tutta sta patafiata, l’ho fatta per dire che ho scoperto una cosa cui non avevo mai ben pensato prima: che la Colletta alimentare è (può essere) – oltre a tutto il resto – una formidabile  esperienza educativa per ragazzi di varie età. Sempre che ci siano adulti come si deve, e cioè del genere homo humanus, alias testimoni.  E sempre che non sia un gesto isolato e limitato alla sua fattispecie immediata (raccogliere derrate), ma sia un’esperienza per quanto iniziale che coinvolge la persona come tale, offrendogli un’ ipotesi di ragioni adeguate e un metodo conseguenti. Facilmente in questo modo si genera un dinamismo che può valorizzare l’incontro e la condivisione tra diversi soggetti coinvolti, famiglia, scuola, oratorio, amici.

Episodio 1: Prof ti stimo – Per esempio, un prof al primo anno di insegnamento alle superiori. Propone la Colletta alle sue due classi, alunni e colleghi. Una classe che la si direbbe la classe dei buoni, c’è un bel clima e gli piace la materia.  Dunque il prof propone la Colletta e: “Mi hanno chiesto perché gliela proponessi dato che non ci sarebbe stato un compenso economico. Ho raccontato che cosa è stato per me quel gesto nelle precedenti edizioni. Nessuno della classe ha accettato l’invito. Un po’ demoralizzato, l’ho proposto ad un’altra classe senza troppe spiegazioni, solo chiarendo che non sarebbero stati pagati. Inspiegabilmente, dieci di loro sono venuti. Perché, nessuno di loro l’ha detto. Solo una ragazza timidamente mi ha confidato che sono venuti perché  invitati, perché ci siete voi professori che noi stimiamo”.

Episodio 2: La bellezza della carità – Due maestre, che in precedenza avevano sempre partecipato alla Colletta con le loro famiglie e amici, quest’anno hanno coinvolto i ragazzi di quinta elementare, spiegando a loro, alle famiglie e alle colleghe parallele le motivazioni sottese e ciò le ha rese ancora più chiare e vere a noi stesse. Inaspettatamente, quasi tutta la classe ha aderito; sono venute anche le insegnanti di sostegno, mettendosi in gioco, fidandosi di noi. “Quello che è accaduto – raccontano le maestre – è stato uno spettacolo ai nostri occhi, agli occhi dei clienti, dei dipendenti, delle famiglie e degli amici che erano presenti. Tutti i bambini hanno partecipato con entusiasmo, con ordine e serietà imparando gli uni dagli altri e aiutandosi. Speravamo di far intravedere ai nostri alunni la bellezza della carità, ma alla fine loro hanno incarnato inconsapevolmente e semplicemente questa bellezza. Che guadagno per noi insegnanti!”.

Episodio 3: Poi catechismo –  Un terzo esempio. In questo paese si usa convogliare i prodotti raccolti nei vari supermercati, in oratorio dove è allestito un centro per l’inscatolamento, la pesatura e la registrazione. Il clima di condivisione della fatica tra i volontari presenti, alcuni per tutta la giornata, è stato visibile all’interno dell’oratorio e ha offerto la possibilità ai ragazzi che al sabato fanno catechismo di toccare con mano questa esperienza.  Abbiamo discorso un bel po’ con loro, soffermandoci sul motto “Condividere il bisogno per condividere il senso della vita”. E quel è il senso della vita? “Vogliamo scoprirlo sempre più  durante tutto il catechismo di quest’anno”, ha sintetizzato un’educatrice.

Episodio 4: Gruzzoletto in oratorio – Insieme agli adulti si aggregano, fuori dal supermercato, ragazzi dell’ oratorio che frequentano la prima media. Sono così contenti e attivi che una signora, aiutata a fare la spesa, regala loro cinque euro. Li si vede presto fare crocchio tra di loro. Ognuno tira fuori qualche moneta dalla tasca, le uniscono ai cinque euro. Il piccolo gruzzolo non finisce in birra, ma in generi alimentari per la Colletta.

Episodio 5: Vorrei vivere come voi – In un altro paese, sempre ragazzi dell’oratorio ma più grandi, magari educatori. Un gruppetto fa il suo turno, incoraggiati anche dal prete: tutti sono colpiti dalla bellezza (segnare la parola bellezza, l’opposto dell’homo imbruttitus) e raddoppiano il turno. invitando anche altri loro amici: è bello stare lì. Un altro gruppo, sul furgone in chiusura di giornata: “Se un giorno avrò la ragazza, vorrei vivere come voi”.

Chiusa: quelli che vomitano –  Madre di cinque figli e problemi vari. Non ce la fa ad andare al supermercato. Si porta i ragazzi volontari a casa, dove ha preparato per loro un degno pranzetto. Non è finita: qualcuno, per il freddo, sta male (di stomaco) e lei si trova a curare il malato e pulire l’espettorato. E lo fa volentieri.  Però mettiamoci nei panni dei ragazzi. Quello del calcio, nominato sopra: si sarà sentito aizzato alla sopraffazione: per soddisfare una smania altrui. Di sicuro non si sarà sentito  amato e voluto. Quello del vomito: si sarà visto accudito e curato da una signora mai conosciuta prima: per gratuità. Di sicuro si sarà si sentito amato e voluto. C’è vita, oltre la Colletta, nelle terre dell’homo humanus.

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