L’eredità di Lincoln

Oggi, negli States, è Thanksgiving, il Giorno del ringraziamento. Fu Lincoln a volerlo, nel 1863. Ma le buone ragioni sono ancora le stesse

MINNEAPOLIS – Stamattina mi sono svegliato con nell’aria il profumo di Thanksgiving e con in testa una vecchia canzone di Bob Dylan. “Father of Night”, roba di più di cinquant’anni fa. Dice: “Padre della notte, Padre del giorno, Padre che togli via l’oscurità, Padre che insegni agli uccelli a volare. Costruttore di arcobaleni nel cielo, Padre della solitudine e del dolore, Padre dell’amore e Padre della pioggia. Padre del giorno, Padre della notte, Padre del nero, Padre del bianco, Padre che costruisci le montagne così imponenti, che modelli le nuvole nel cielo. Padre del tempo, Padre dei sogni, Padre che trasformi i fiumi e i torrenti. Padre del grano, Padre del freddo e Padre del caldo. Padre dell’aria e Padre degli alberi, Padre che abiti nei nostri cuori e nei nostri ricordi. Padre dei minuti, Padre dei giorni, Padre che lodiamo solennemente”.



Non so, non posso sapere cosa Dylan avesse in mente e nel cuore quando scrisse queste cose (e chissà se si ricorda ancora di averle scritte queste cose), ma questo brano sembra proprio incarnare il senso e lo spirito della festa di oggi, di questa grande festa, senz’altro la più universale, osservata e condivisa nella vita americana.



“A day of Thanksgiving and Praise to our beneficent Father who dwelleth in the Heavens”, “Un giorno di ringraziamento” come scrisse e sottoscrisse Abraham Lincoln nella sua Proclamation dopo essersi arreso di fronte alla tenace insistenza di Sarah Josepha Hale. “Un giorno di ringraziamento e lode al nostro Padre benefico che dimora nei cieli”.

Ecco cos’è Thanksgiving, da quel lontano giorno dell’ottobre 1863 pescato nel mezzo di una dolorosa e sanguinosa guerra fratricida che sembrava senza via d’uscita. Un giorno strappato alla guerra civile per riaffermare la verità delle cose, per ridirci da dove partire per cominciare a rimettere tutto al proprio posto nel marasma del disordine che ci avvolge tutti. Un giorno di gratitudine in mezzo a giorni di feroce inimicizia verso i “nemici”, ma anche verso noi stessi. Un giorno in cui arrendersi all’evidenza che tutto ci è dato, a cominciare dalla vita. Un giorno in cui riconoscere e ricordare che siamo tutti fratelli e sorelle, figli di uno stesso Padre, il Padre di tutto e di tutti, come canta Dylan. Non è questo di cui abbiamo bisogno oggi come nel 1863?



Sarà un pensiero ingenuo, magari sentimentale come sanno essere gli americani. Sarà un sogno che mi prende perché ho passato troppi anni da questa parte dell’oceano… o sarà un punto semplice da cui riprendere il cammino?

Happy Thanksgiving!

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