Per essere giù dal letto, siamo giù in tantissimi. Il fatto è che, giù dal letto, certe volte dobbiamo ancora rialzarci dal pavimento: “Con quanta leggerezza si commette il reato di pesantezza” rinfaccia il Cristo all’inizio di un nuovo anno del tempo liturgico: alcuni, infatti, hanno proprio la pesantezza addosso, una sorta di goccia che scava e alla lunga sfinisce. Ritrovare la leggerezza è un lavoro tra i più pesanti perché sembra finire sempre così, nella stessa identica maniera: si finisce per preoccuparsi di tutto perché si ha paura del niente. Si può essere intelligenti, anche brillanti, ma risultare allo stesso tempo pesanti e logorroici, un po’ arroganti, cervelli seccanti. In altre parole: poco piacevoli.



Cristo, dunque, lui prende la palla al balzo e rilancia l’andatura: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra”. Non moriranno, costoro, per ciò che dovrà accadere, ma per la paura e l’attesa di ciò che sta per accadere: quando si dice che la “paura fa novanta”. Troppi non vivono i loro sogni perché stanno vivendo le loro paure: “Ricorda sempre che i mostri non muoiono. Muore la paura che t’incutono” (C. Pavese). La paura, però, non puoi metterla a dormire: resta sempre sveglia.



Cristo, da par suo, rilancia l’invito alla leggerezza: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo”. Nell’attimo in cui meno saresti propenso all’azione, quello è l’attimo migliore per ripartire: troppi, tra noi, non vivono i loro sogni perché stanno vivendo le loro paure. Invece, “alzate il capo, la vostra liberazione è vicina”. Quasi un paradosso: nel momento meno sfavorevole, ecco il momento favorevole per ripartire alla grande. Con l’invito ad essere leggeri, visto che c’è della gente pesante anche in assenza della gravità: leggerezza che, comunque, non ha nulla che fare con la superficialità.



Nessuna di queste paure, dunque, si raccomanda il Cristo: è necessario che queste cose accadano perché chi ha voglia di cambiare cambi, alzi il capo e contempli. Ancora una volta, Cristo chiede il “diritto alla sorpresa”: a lasciarsi stupire, farsi amico di tutti, ad entrare nelle case dove il peccato abbonda e la vergogna è pubblica tra i volti che s’incontrano, uscirsene rinfrancati. Un’unica condizione: “Che i vostri cuori non s’appesantiscano in ubriachezze, affanni della vita” (Lc 21,25-28). Non è la passione per i liquori a fare di un uomo una persona ubriacona, ma l’odio per un qualcosa che si tenta di acquietare con l’uso smodato del liquore. Sono cose differenti! E poi gli affanni: tanti affanni e poi molte cose, semplicemente, accadono. E allora ti fermi, resti a guardare: “Alzate il capo: la vostra liberazione è vicina”. Questo è il Regno di Dio, sempre in attesa e perpetuamente in movimento: lo riconosci dal fatto che riesce a toglierti il fiato, non a farti venire l’affanno. Punto.

“Affannati pure, ma solo se vale il respiro” suggerisce Dio all’inizio di una nuova stagione della storia liturgica, di quella personale: il rumore più bello è il respiro affannato di un bacio. Questo è Cristo, coi suoi segreti misteri, la voglia di fare manutenzione dell’umano. Cristo è come quelle persone con cui ti basta una parola per capirti, a differenza di altre con le quali non ne basterebbero mille, di parole, anche solo per sintonizzarsi sulla stessa frequenza. E insistere sarebbe solo un inutile affanno.

Alzare il capo nella tempesta, sollevare lo sguardo con la pioggia che ti batte in faccia, sorridere mentre tutto intorno il mondo trema: è dell’ardire di costoro che Cristo necessita per mantenere accesa la fiammella della sua speranza. Non certo con l’affanno di coloro che fanno, fanno, fanno e poi vanno in affanno: “Non sono per il Regno, costoro” ribatte Cristo. Fermarsi a guardare la rosa a dicembre non è da tutti: resta il fatto che fissarla a maggio è troppo scontato. È a dicembre che la rosa ha più bisogno di essere guardata, perché non sa ancora se a maggio prossimo riuscirà a sbocciare nuovamente.

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