Fioccano le analisi sui giovani: spesso spietate, dirette ad accusare le loro incertezze e inquietudini. Per fortuna c’è ancora qualcuno che, partendo dall’esperienza dell’Imprevisto di Pesaro, capisce che in realtà dietro queste apparenza di debolezza c’è una grande domanda di significato.

Quanto belli, interessanti, acuti sono i giovani d’oggi. Pieni di domande, pronti ad ascoltare. Talvolta sembrano guardare altrove, parlare tra loro, preferire altro: invece ascoltano, ti guardano, anzi, non perdono una parola, non ti staccano gli occhi di dosso.



Ho constatato questo durante un giro di incontri-testimonianze effettuato in questi giorni a Milano con Lorenzo – un mio carissimo amico che ha vissuto l’esperienza delle comunità de L’Imprevisto di Pesaro. Siamo stati chiamati – come ormai avvenuto tantissime volte, in giro per l’Italia e non solo – a raccontare della nostra esperienza per testimoniare la rinascita, il recupero, il ritorno alla vita di tanti ragazzi caduti in esperienze negative e drammatiche. Un dato questo subito da rilevare come nuovo e interessante. Ossia, invitati non a parlare del male, del dolore, della sconfitta ma del bene, dell’amore, del buono, del positivo.



Sempre sortiscono incontri molto sentiti e partecipati, tantissimi ragazzi (e anche adulti) si commuovono. Ma al termine, da tanti anni, inevitabilmente, numerosissimi ragazzi ci pongono le seguenti due domande: “Quello che ci avete comunicato è grande, affascinante, incredibile… ma, chi ci dice che è vero… chi ci assicura che sia vero?”. Subito dopo la seconda comanda: “Chi ci assicura che dura, che resisterà nel tempo, che possa essere per sempre?”. Sono due domande che nello stesso tempo sono affermazioni. Insomma, nel cuore e nella mente dei giovani, solo da qualche anno a questa parte, si è insediato un ospite nuovo, forte e agguerrito. È il dubbio, un convitato che porta in dono un veleno dagli effetti incredibilmente ampi, vasti, profondi. È sorto dunque un fenomeno inedito così radicato e pernicioso che non ci aspettavamo, verso il quale ancora non siamo preparati.



Attenzione però: il dubbio non è su se stessi! La pena e l’ansia dei ragazzi non proviene dal loro intimo, bensì da fuori, da lontano, dall’alto delle cose. I giovani pensano e temono che la vita non sia bella, che non valga la pena. Temono che la realtà venga meno, si sottragga, che scompaia e che… in definitiva il male vinca, anzi che il male abbia già vinto. Questo dicono le due domande che poc’anzi ho descritto. Pertanto non è vero – come sostiene tanto psicologismo – che il problema dei ragazzi d’oggi sia la loro fragilità, sia il timore che provano nel pensare a quando dovranno entrare nel mondo degli  adulti. Il loro problema è nei loro occhi!

Questo è quello che è cambiato, questa è la novità importante e rilevante che è accaduta nel mondo dei giovani. Che “produce” ansia, angoscia, malessere, depressione, isolamento, pensieri autolesionistici, ecc. Non è la famiglia, il papà e la mamma, la miseria, la malattia, l’emarginazione, il lavoro, l’esclusione, il passato insomma… ma è il presente, è la vita che non è più vita! È la vita che non ha più alcuna linfa vitale al suo interno.

Penso e stimo che, in questo senso, l’urgenza maggiore sia quella di aiutare i ragazzi – e gli adulti che sono intorno a essi – a scoprire, a comprendere quale immensamente grande sia il valore della singola persona, di ogni persona.

Quale incommensurabile valore porta con sé la vita, la realtà. Perché continuamente colma di beni, di occasioni, di incontri, di opportunità, di buoni e significativi imprevisti. Certo, nella  realtà c’è anche il male, la morte, la sconfitta… ma il bene è sempre più grande di qualsiasi grande male.

Interrogarsi, scoprire, incontrare il motivo per cui si è al mondo. Non può essere che siamo giunti su questa terra privi di un senso, di uno scopo, di una grande ragione. Il punto cruciale, nevralgico del problema è sicuramente il presente. Se il presente è vuoto allora il suo padrone sarà la paura, l’insicurezza, l’instabilità.

Quello che io, con i miei amici con i quali portiamo avanti a Pesaro l’esperienza de L’Imprevisto, come tanti altri – genitori, insegnanti, sacerdoti… – facciamo con i ragazzi è una lotta corpo a corpo, uno a uno, viso a viso per affermare una semplice, evidente, immancabile, verità, che comunque diciamo ai ragazzi, gridiamo ai ragazzi, a noi stessi e ai ragazzi, gridiamo a tutta la realtà, gridiamo con forza sperando che la nostra voce arrivi in alto, in alto: la vita non finisce, non finirà, non risulterà mai sconfitta!… Dio non verrà mai meno, non tradirà mai se stesso.

Queste due certezze fondano la vita, la pace dei cuori, la felicità dei giorni e la serenità delle notti. Queste due realtà sono quelle che i giovani hanno perduto, quelle che i giovani sono stati portati a smarrire.

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