La folla, i pubblicani e i soldati: nessuno di loro aveva programmato alcun cambiamento. Non c’era stato nessun incidente che li avesse portati a cambiare vita. Il cambiamento, in loro, fu la conseguenza di un incontro con una voce, ch’era una presenza, un anticipo di speranza: “Sta arrivando, preparatevi, non distraetevi più di tanto”.
Sapevano, loro tre, che c’è un qualcosa di più triste, domani, di andar in giro a dire che non si è mai avuta un’occasione nella vita: è andare in giro per dire che l’occasione si è avuta, ma, distraendosi, ci ha sfilato sotto il naso, gli occhi. Non si è colta. Il cambiamento, dunque, divenne per loro l’amico di viaggio: “Che cosa dobbiamo fare?” chiesero a quell’uomo un pò naïf che era Giovanni Battista, l’ultimo apripista del Cristo.
Lui, vecchio volpone del deserto, colse letteralmente la palla al balzo, come fa una madre, un padre che aspettano per anni esattamente quella domanda dalle labbra dei figlio. Siccome glielo chiesero in tre – ognuno di quei tre era diverso dagli altri due – restò alle altezze nelle quali era nato. La prima cosa che fece, fu quella di gioire assai del loro domandare: un uomo, una donna, che pone una domanda, è la voce di tutto il mondo che vuole migliorare. Potevano anche fregarsene di quell’invito a cambiare, ragionare come ragionano tanti: potevano anche giustificarsi dicendo che c’era chi faceva peggio di loro. Capivano però, visto che sprovveduti non erano, che il mondo si migliora confrontandosi con i migliori: con il confronto coi peggiori non si migliorerà mai. Il Battista diede risposte personalizzate, come personalizzate erano le vite di coloro che gli domandavano il daffarsi. Risposta su-misura, non prêt-à-porter: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha“. Ai pubblicani: “Non esigete nulla più di quanto vi è fissato“. Ai soldati l’invito a non estorcere: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno” (cfr Lc 3,10-18). Tutto qui.
Non chiese loro l’impossibile: “Vendete tutto e venite dietro a me. Girate la storia come un calzino. Fate il giro dei santuari mondiali a piedi, col cilicio legato all’altezza dei fianchi”. Chiese loro quello che, ispirato com’era, sapeva che era nelle loro possibilità di fare: diventare migliori di quello che erano, continuando a vivere la vita che avevano sognato di vivere. Da parte sua, visto che eran stati loro a chiederglielo, indossò la voce del navigatore d’auto. Quello che, quando si esce dal percorso consigliato per giungere alla meta, s’infila nei tuoi pensieri con quella vocina da grillo parlante: “Ricalcolo del percorso”.
In parole povere, il suo fu un invito a non fare chissà quali cose nella vita, ma a fare le piccole cose di ogni giorno con un tocco d’amore in più. Sapendo che ogni azione della vita, anche se a noi sembra esagerato persino pensarlo, va a toccare qualche corda che poi vibrerà per l’eterno. Finendo per andare a modificare la traiettoria finale dell’esistenza di ciascuno. Dal giorno dopo, dunque, le cose sarebbero rimaste le stesse di prima: il Battista non promise nessun cambiamento immediato. A cambiare sarebbe stato lo sguardo, che avrebbe modificato il punto d’ingresso nel cercare le soluzioni ai problemi. Equivaleva, più o meno, a concedersi una seconda possibilità di vita. A darsi una seconda chance nell’affrontare la vita.
Nessuna paura, ricalcolando il percorso del cuore e degli affari, di perdere i vecchi amici di un tempo: “Quando qualcuno ti rimprovera che tu sei cambiato, forse significa che hai smesso di vivere a modo suo” avrà risposto sottobanco il Battista. Che, secoli prima di Marilyn Monroe, ragionava controvento, senz’olio: “Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare” (M. Monroe). A chi, forse, presentava una sorta di scusa: “Non l’abbiamo mai fatto, però. Non abbiamo mai vissuto così”, il Battista aveva la risposta pronta, non precotta: per poter avere cose mai avute occorre fare cose mai fatte. Invitava a migliorare il mondo partendo dal proprio cuore. Sognava, lui, di fare con il mondo ciò che la primavera fa con i ciliegi.
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