Non c’è passato e non c’è futuro. Cerca di capire quello che intendo dire. C’è sempre il passato e c’è sempre il futuro, ma ora abbiamo un miracolo, un presente totale, un adesso senza ombra. L’adesso di un bambino che sta nascendo. Il gerundio è importante: nascendo. Quando dico che non esiste più il passato, parlo di nostalgia. Quello che voglio dire è che ci viene offerta l’opportunità di non farci dominare dalla nostalgia per un passato che pensiamo sia passato, ma che in realtà non è mai esistito. Spesso tu ed io siamo bloccati nel ricordo di un’età dell’oro che è solo una proiezione delle nostre frustrazioni. Pensiamo di aver vissuto in tempi più felici, il buon tempo antico. In realtà, camminavamo tra rovine da sempre disabitate.
Il buon passato è buono solo quando è anche presente. In questo senso dico che non esiste più un passato. Non c’è nemmeno futuro. Mi spiego meglio: non esiste quel futuro verso il quale fuggiamo sempre con l’illusione che progetti e sogni ci diano ciò che ancora non abbiamo. Non esiste quel futuro che ci riempie di angoscia perché è ignoto. C’è un adesso totale, un bambino, un inizio. E il futuro è la sicurezza che quel bambino continuerà a essere un inizio, qualunque cosa accada. Non sappiamo cosa ci riserverà la vita. Desideriamo giorni felici e anni prosperi. Ci aspettiamo lealtà dagli amici, giustizia e rispetto dai potenti. Ma possiamo solo essere sicuri che questo bambino continuerà a essere un inizio. E ciò è meglio di qualunque oracolo, di qualunque buona previsione.
Non esiste più un giudizio. Anche su questo devo spiegarmi. Rubare è rubare. Mentire è mentire. Violentare le donne è brutto, molto brutto. Quando ho detto che non esiste giudizio, quello che intendo è che il giudizio è la misericordia. Non conta più se hai avuto cinque mariti, se hai collaborato con l’invasore. I pastori sono impuri, quasi quanto una prostituta. Ognuno fa quello che può, cerca di trovare una soluzione alla propria vita in un modo o nell’altro. Chi può giudicare? Il giudizio è che un bambino ha portato, porta un inizio radicale. L’inizio non è che l’adultera smetta di andare di letto in letto o che il ladro restituisca tutto ciò che ha rubato e diventi donatore di una Ong. Sarebbe poco. Non si tratta di aggiustare qualcosa che è rotto. È molto di più. Il bambino sta nascendo e, come dice il poeta, non si dedica a pronunciare sentenze di condanna contro un mondo perverso, non si dedica a “fare opposizione”. Il bambino ha dato inizio allora, dà inizio adesso (non c’è un buon passato senza presente) a un altro modo di essere uomo, a un percorso per raggiungere la forma dell’uomo.
Non c’è più ferita. E qui devo spiegarmi dettagliatamente. Perché c’è sempre una ferita: ci sono ferite piccole e ferite grandi. Conosciamo tutti i loro numerosi nomi. Ci sono ferite che non si chiudono mai. Lo dico a bassa voce, quasi senza osare: nella ferita, più che altrove, sta nascendo il bambino. La nascita del bambino nella ferita spesso è solo la possibilità che qualcosa sia diverso. La possibilità che il dolore non imbruttisca e non distrugga. La possibilità che dopo quello che sembra un sonoro no del destino, ci sia un sì inaspettato.
Non ci sono più spiegazioni. Questo è più facile. Devi spiegare dov’è la farmacia più vicina, devi spiegare perché le particelle subatomiche sono in due posti contemporaneamente. Il problema è che, spesso, siamo convinti che tutto si risolverà con un bel discorso, con tanti argomenti logici coerenti (le chiamiamo ragioni), con buone idee, con buoni progetti. E il bambino che sta nascendo è la ragione suprema non perché sia professore di logica o un predicatore di sana dottrina. La parola è chiara perché si è fatta carne. E ogni parola che parla della sua carne senza essere sua carne confonde di più le cose.
Non ci sono conseguenze, non ci sono principi da applicare, non ci sono strategie che possano aggiungere qualcosa. Solamente un bambino nascendo: una speranza, un giudizio di misericordia. E la possibilità che la ferita sia occasione di liberazione.
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