2025, un buon anno inquieto

Per il nuovo anno in tanti desiderano tranquillità, salute e lavoro. Per i più giovani le cose sono diverse

Cosa ci auguriamo per il 2025? Cosa intendiamo per buon anno? Desideriamo godere di buona salute, vogliamo anche tranquillità e lavoro. È quel che emerge da un recente sondaggio condotto da Funcas (un istituto di studi economici) in cui agli intervistati è stato chiesto di scegliere una parola per definire cosa si aspettano dal prossimo anno: salute, tranquillità e lavoro sono i nomi che la maggior parte degli spagnoli ha dato al proprio bisogno.



Per i giovani il desiderio ha altri nomi. Quelli che hanno meno di 24 anni sanno che la loro situazione economica è difficile e che nel 2025 le cose non miglioreranno molto. Questi giovani vogliono la pace, la felicità e soprattutto l’amore. Secondo altri sondaggi, un giovane su quattro tra quelli che desiderano l’amore si sente solo.



I giovani si sentono più soli degli anziani. È una solitudine non voluta, tragica, causata in molti casi dalla difficoltà di passare alla vita adulta. Una solitudine che provoca molta sofferenza. I più poveri sono i più soli e coloro che sono soli sono più vulnerabili alle malattie mentali. Non è chiaro se la causa di questa situazione siano i social network e l’uso eccessivo degli schermi.

Senza dubbio è necessario lottare contro questa mancanza di compagnia. Il problema è come farlo. Trasformare necessariamente la solitudine in una malattia non sembra la cosa più intelligente da fare. Vogliamo curare i giovani prescrivendo loro tranquillità, investendo più soldi nella sanità preventiva? Ci sono compagnie che possono essere più distruttive del dramma di non riuscire ad avere una vita piena. Basta vedere cosa comporta lo sviluppo dei movimenti identitari. Questi movimenti crescono perché offrono una scorciatoia: l’identità (nazionale, religiosa, sportiva, ideologica, sessuale, ecologica, ecc.) concepita come rifugio e come conflitto è una droga a buon mercato. Il vecchio e il nuovo oppio dei popoli.



Diciamo che i nostri Paesi non sono per giovani perché non possono accedere agli alloggi, perché non possono emanciparsi, perché da molto tempo i loro salari sono molto bassi, perché esiste una gerontocrazia istituzionale che impedisce loro di influenzare la vita democratica. E tutto ciò è vero. Il nostro sistema pensionistico garantisce il presente degli anziani ed è un grande ipoteca per chi ha 40 anni di vita professionale davanti a sé. Tutto ciò è una profonda ingiustizia che giudica e discredita il nostro modo di vivere.

Ma al di là delle patologie, questo non sentirsi accompagnati dei nostri giovani, questo desiderio di amore e di pace, andando oltre il disgusto che queste due parole possono suscitare in noi, è una fonte di energia umana senza la quale saremmo morti.ì Noi adulti che aspiriamo solo alla tranquillità e a non avere dolori fisici non riusciamo a capire che voler essere accompagnati e non trovare risposta è la grande risorsa di un mondo come quello europeo, un mondo stanco e senza forze.

Meno male che qualcuno spera che nel 2025 si giunga a un accordo di pace in Ucraina. Un accordo che non sia una resa e che non rinvii il problema della sicurezza. Meno male che qualcuno desidera che finisca la guerra a Gaza, che ha causato decine di migliaia di vittime tra i civili e che usa la carestia come arma.

Non avremo mai un’umanità sana senza sentirci, senza saperci radicalmente soli e, quindi, radicalmente accompagnati, senza riconoscere che non esiste tranquillità possibile, senza fare nostri l’inquietudine e il dolore straziante che la guerra provoca. Il 2025 sarà un buon anno se ci riporterà alla nostra solitudine primaria, se ci farà vivere salubremente inquieti.

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