“Nel Dna delle abilità e dei saperi degli artigiani risiede tanta parte della storia d’Italia, di cui costituisce, tuttora, un motore di sviluppo. L’artigianato occupa un ruolo cruciale per le comunità. Le aiuta a funzionare meglio, difende i territori, offre prospettive di libertà, di autonomia, di creatività ai giovani. Essere artigiani non è un lavoro qualsiasi. L’artigianato è espressione della qualità del lavoro, dell’intelligenza, della laboriosità della persona”. Le parole di Sergio Mattarella – in visita non ordinaria all’assemblea nazionale della Confartigianato – hanno assunto un significato ancora più sostanziale pochi giorni dopo: quando a far notizia dal mondo produttivo è stata Stellantis, grande multinazionale ancora fortemente radicata in Italia. All’altro capo dell’Azienda Italia, ma in parte apparentemente: il Presidente di Stellantis – John Elkann – ha infatti ritenuto di avvertire lo stesso presidente della Repubblica del passaggio impegnativo davanti al gruppo nel quale è confluita Fiat.



Per molti decenni dal 1899 la Fiat ha certamente offerto a milioni di italiani un lavoro “non qualsiasi”: fonte di un reddito industriale prima assente, benché privo dell’autonomia organizzativa di un libero artigiano. È vero però che in origine anche “fabbricare automobili italiane a Torino” è stato un lavoro artigiano: alimentato da “creatività, intelligenza, laboriosità, voglia di sviluppo” (poco lontano dal Lingotto è rimasta nei fatti artigiana l’esperienza di Sergio Pininfarina, per non parlare della figura di Enzo Ferrari, immortale nel mondo della quattro ruote). E’ stato il destino di decine di altri “car maker”, con quelli attivi oggi tutti affiancati in un passaggio critico che investe ormai le fondamenta stesse della mobilità come dimensione socioeconomica.



Esistono invece – in Italia – 1,2 milioni di imprese artigiane: un quinto del totale e capaci di generare un sesto dell’occupazione nazionale. “Non sono solo un’antica gloria del Paese” ha avvertito Mattarella, intervenuto all’assemblea della maggiore centrale associativa del comparto, nel suo ruolo di difensore istituzionale dell’articolo 45 della Costituzione (“La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”). Gli artigiani non sono solo attori di primo livello dell’imprenditorialità italiana in una fase in cui il lavoro è sempre meno dipendente e sempre più autonomo. E non sono solo produttori di Pil, ma anche “popolatori” irriducibili di territori che la globalizzazione minaccia di dimenticanza. Sono integratori sociali e non di rado innovativi nell’impegno della coesione civile, anche attraverso corpi intermedi tuttora robusti. Non da ultimo, l’artigianato è la porta d’ingresso più accessibile, più degna – più larga di valori –  per i flussi migratori, ha sottolineato il Capo dello Stato.



Tante ragioni perché le politiche dell’impresa – in Italia come nell’Ue – non se ne dimentichino. Anche se gli artigiani non producono armi. Forse proprio per questo.

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