Non si deve andare a Calcuttta per incontrare situazioni di estrema povertà: basta aggirarsi nelle periferie di qualche grande città del Sud. Don Mario Persano, parroco di Carbonara, borgata limitrofa a Bari, mostra come vivere la carità in una comunità cristiana ridà speranza anche per chi è abbandonato da tutti.
A Carbonara, alla periferia di Bari, l’Opera San Nicola di cui sono Presidente, grazie ai suoi volontari, segue quattrocento famiglie dai giorni acuti della crisi sanitaria ed economica. Sappiamo che curare non significa solo assistenza del corpo. Accogliamo chi viene alla mensa o a ritirare i pacchi forniti dal nostro emporio solidale, ma cerchiamo anche di riconoscere chi si vergogna a chiedere aiuto, e allora siamo noi a raggiungerlo. E così il nostro raggio d’azione supera i confini del quarto municipio e attraversa tutta la città.
Il carico di prodotti di prima necessità da distribuire arriva dal Banco alimentare di Taranto. La mensa in favore dei bisognosi è garantita due volte a settimana. L’emporio solidale – che mette a disposizione cibo e beni indispensabili alle famiglie in condizioni di disagio – si è riorganizzato: niente più tessera a punti, ma pacchi destinati all’asporto o al domicilio dei bisognosi. I nostri volontari conoscono a memoria la mappatura delle povertà.
Come detto, seguiamo già quattrocento famiglie, ma le richieste stanno aumentando. Diamo priorità ai soggetti più fragili, alle coppie con bambini, agli anziani che non possono muoversi da casa o che, comunque, non potrebbero farlo.
Poco prima che scoppiasse il bubbone Covid-19, i nostri volontari hanno scoperto una signora disabile, confinata al terzo piano di un’abitazione senza possibilità di muoversi. Ecco, sono queste le persone che non dobbiamo dimenticare. Come anche le famiglie che ci chiamano tutti i giorni per sapere come fare a ottenere gli aiuti economici pubblici, che non sanno a chi rivolgersi quando gli sportelli Caf e i patronati sono chiusi. Tanti sono anziani: non hanno Internet, non frequentano i social network, non conoscono le possibilità offerte dai servizi pubblici o dalle stesse associazioni. Dobbiamo continuare a raggiungerli.
La nostra rete di contatti è capillare: migliaia sono le persone che incrociamo anche grazie al poliambulatorio sociosanitario gestito da medici volontari. Porte aperte, poi, ai padri separati, che anche con un’occupazione fissa sopravvivono a fatica.
Al disagio di sempre ora si aggiungono le nuove povertà. Commessi, addetti alle pulizie, impiegati nel settore della ristorazione: sono troppe le persone che non hanno contratti regolari o contributi stabili, e che chiedono il nostro aiuto perché si ritrovano a stipendio zero. Qualcuno prova imbarazzo, teme di perdere la propria dignità proprio per questo abbiamo mantenuto attivo l’emporio solidale, che garantisce una maggiore discrezione.
È sorta da tempo la Casa di Mary Poppins dedicata alle attività con i bambini che vivono disagi economici o disabilità fisiche e psichiche, gestita grazie all’impegno dell’educatrice montessoriana Abra Lupori. Tre volte a settimana più di sessanta bambini trovano un modello per la vita e un supporto nel doposcuola. Sono le mamme e i papà dei piccolini a cercare la mano tesa degli educatori: sono ambulanti, mercatali, lavoratori a ore o stagionali nei campi, casalinghe, famiglie soprattutto monoreddito che vivono di espedienti: non ci piace chiamarli evasori, spesso si muovono nel sommerso non certo per loro volontà.
Alcuni hanno figli con disabilità e per costoro non ci preoccupiamo che abbiano solo la spesa, ma mandiamo loro videofavole e lunghe storie lette per i bimbi. Anche questo è un aspetto del disagio che rischia di accentuarsi: non possiamo allentare i legami con i bambini che soffrono e vivono giornalmente il disagio sociale.
Così , condividendo tutta la vita con i più fragili, rinasce la speranza anche per loro.
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