L’avevo sentita di sfuggita alla radio, ma quella frase mi aveva colpito subito: “La strada non porta a casa se la tua casa non sai qual è”. È la canzone che Ghali ha portato a Sanremo 2024, si intitola Casa mia. Si tratta di un dialogo che il cantante immagina di avere con un extraterrestre che, venuto sulla terra, si accorge di tutta la bellezza e le contraddizioni in cui viviamo. L’uomo riprende il gusto per la realtà in cui vive grazie allo sguardo di uno che vede le cose per la prima volta: “Sto già meglio se mi fai vedere il mondo come lo vedi tu”.

L’altro giorno, in classe, chiedo ai ragazzi di fare una ricerca tra i testi delle canzoni di Sanremo per cercare le tracce di quelle domande che avevano scritto loro in un lavoro fatto all’inizio dell’anno, nel quale chiedevo di raccontare che rapporto avessero con il tempo. In classe c’è un ragazzo che, di solito, è sempre distratto. Fa parte di quelle “sentinelle” che osservo per vedere se il lavoro proposto è adeguato oppure no. A un certo punto vedo che inizia a guardare il testo di una canzone e me. Intuisco che vuole dirmi qualcosa. Gli chiedo: “Cos’hai trovato?”. E lui: “Questa frase prof: La strada non porta a casa se la tua casa non sai qual è”.

In un istante per me in classe c’era solo lui. Pensavo che fosse troppo raffinata la questione della casa, e invece l’hanno beccata, e l’ha beccata proprio lui. Gli chiedo perché fosse stato colpito proprio da quella frase. Inizia un dialogo tra me e lui di un’intensità unica, nel quale, a un tratto, mi dice: “La casa per me non è un luogo fisico, ma il cuore di una persona”.

Occorre sempre una casa. Sia che decidiamo di starci, di scappare, di tornare. La frase di quella canzone avrebbe potuto campeggiare sulla facciata della casa del famoso padre della parabola evangelica (Lc 15, 11-32). Vede andarsene uno dei due figli, per poi tornare dove poteva essere sé stesso veramente. Il padre rimane, rischiando tutto sulla libertà del figlio di verificare ciò che lo compie.

È un metodo strano, che facciamo fatica a capire fino in fondo e ad assecondare, ma è il metodo di Dio. Non perde occasione per gustarsi un nostro passo.

Il tempo di Quaresima che stiamo vivendo è l’aiuto più grande per questa riscoperta di sé, come ha detto il Papa nella straordinaria omelia del mercoledì delle ceneri: “La Quaresima ci immerge in un bagno di purificazione e di spoliazione: vuole aiutarci a togliere ogni ‘trucco’, tutto ciò di cui ci rivestiamo per apparire adeguati, migliori di come siamo. Ritornare al cuore significa ritornare al nostro vero io e presentarlo così com’è, nudo e spoglio, davanti a Dio. Significa guardarci dentro e prendere coscienza di chi siamo davvero, togliendoci le maschere che spesso indossiamo, rallentando la corsa delle nostre frenesie, abbracciando la vita e la verità di noi stessi. La vita non è una recita, e la Quaresima ci invita a scendere dal palcoscenico della finzione, per tornare al cuore, alla verità di ciò che siamo. Tornare al cuore, tornare alla verità”.

Questo ritorno è possibile solo se c’è una casa che ci attende e se questa casa è il cuore di Uno innamorato di noi. Come il finale di un’altra canzone, Sogna ragazzo sogna, interpretato da Alfa, che l’ha eseguita insieme a Roberto Vecchioni. Finisce così: “Non so chi ha creato il mondo, ma so che ne era innamorato”. Il cuore di tutti intuisce che i conti con la realtà non possono mai essere chiusi. Più siamo sfidati e più possiamo godercela.

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