Nacque in una sperduta Betlemme: crebbe in una modesta Nazareth, tra rumori di cianfrusaglie e di zoccoli sul selciato. Nacque e crebbe come tutti i bei figlioli quaggiù in terra: casa e chiesa (sinagoga), scuola e bottega. Tenuto per mano dalla sua (ma)donna e dal suo padre lavoratore, Dio si fece uomo. Non nacque l’uomo bell’è fatto, già fatto. Lo divenne piano piano, pochino alla volta: “Non è neanche un uomo” diciamo noi sovente di qualcuno ch’è uomo a metà. Uomini (e donne), infatti, non si nasce: si diventa, pagando lo scotto di giornate che sembrano più pesanti che sante. Fu così che il nostro Dio venne al mondo, che crebbe nel mondo. Poi, come tutti quelli che hanno carattere da vendere, si licenziò dall’azienda di famiglia, salutò sua madre, si mise in proprio. Anche lui “aprì bottega” come diremmo di uno che si apre un’attività. La aprì a Cafarnao: una sorta di cooperativa con dei pescatori del posto ai quali chiese di mettere a servizio di questa nuova società non soltanto i loro corpi e le braccia nerborute, ma l’arte di una vita: “Pescheremo ancora. Basta pesci, però. Andremo a pesca di uomini: meglio se slabbrati, claudicanti, dannati. E, pescati, li ringiovaniremo”. Pietro e il vecchio clan, ambiziosissimi, hanno colto la palla al balzo: “Andiamo!”
Prima cliente fu la suocera di Simone. Le barzellette sulle suocere vanno a ruba. Qui, invece, la battuta viene sostituita da una apprensione da batticuore: “La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito le parlarono di lei”. La faccenda è alquanto suggestiva: quando stanno assieme a Cristo questi quattro amici – “Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni” – sentono d’esser così a casa che invece di parlare di catechismo non si vergognano di condividere gli affanni di casa: la suocera febbricitante, il padre da seppellire, l’imbarcazione d’andare a provare, la cena da preparare, la troppa gente da sfamare. Insomma: quando stanno assieme a Gesù, non si vergognano di parlare dei loro tormenti. Anche Lui, comunque, sembra avere bisogno di questo contatto con la realtà. Sembra dire loro: “Posso esservi di aiuto?” Basterà un cenno, o forse nemmeno quello e Lui ci metterà del suo: “Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva”. Si avvicina e, prendendola per mano, la fa rialzare: la Buona Novella che seguirà dopo è già tutta qui. La più grande dichiarazione d’amore che Cristo mostrerà di saper proferire è esserci quando il mondo, tutto attorno a te, crolla. C’è (anche) gente che, quando attraversa una zona ferita, ha un’unica preoccupazione cucita addosso: quella di fare di tutto per lasciare quel luogo un po’ migliore di come l’ha trovato. Cristo è di questi.
Fu così che iniziò a formarsi la fila fuori dalla bottega (ambulante) di Gesù: con il passaparola della bontà. “Il bene genera bene: la migliore pubblicità sarà il passaparola di chi sentirà di essersi trovato bene, di stare meglio, dopo averci incontrati!” chiarirà ai suoi soci di affari. La fila è già lunghissima il primo giorno: “Dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita attorno alla porta”. E l’intera città, davanti alla porta, ci sta tutta. Quella porta è il cuore di Dio, “dove ciascuno ha un posto tutto suo e dove non è più necessario che qualcuno si faccia da parte perché qualcun altro possa apparire” (C. Bobin). Poi, all’alba, quando tutti lo cercano e sono stati svegli per non farselo scappare, Lui se ne va nei villaggi vicini perché “io predichi anche là”. Se ne va, ma qualcosa di Lui rimane: la suocera rifiorita, le vite risanate, gli indemoniati liberati. Ci sono persone che anche quando non ci son più col fisico continuano a lasciare la loro presenza come se ci fossero ancora. Termina così la prima giornata lavorativa di Cristo, della sua nuova cooperativa. La seguente la inizia “in un luogo deserto, e là pregava” (cfr 1,29-39). La preghiera, per lui, era una sorta di colazione di lavoro. Briefing mattutino. Tanto per non fare niente di testa sua.
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