Nonostante le disillusioni che persistono in vari Paesi, nonostante le proteste che stanno investendo Bruxelles, nonostante le critiche alla politica monetaria dell’attuale Banca centrale europea, sarebbe un suicidio mettere in discussione l’importanza e il ruolo dell’Unione europea.
È bene ricordare che i 27 Paesi che formano oggi l’Ue rappresentano una potenza economica che supera i 18mila miliardi di Pil e che nei suoi principi cardine vede democrazia, libertà e uguaglianza, con il rispetto della dignità di ogni persona, dei diritti umani e dello Stato di diritto, e con l’aspirazione alla solidarietà.
Lo spirito di ricostruzione, di comprensione e collaborazione, che si affermò dopo la Seconda guerra mondiale tra gli Stati europei che avevano combattuto tra loro, oggi lo si vede in tante circostanze.
C’è un’Europa che si è dimostrata solidale di fronte alla pandemia di Covid e che di fronte alla crisi economica che ne è seguita ha varato un piano di oltre 800 miliardi di euro per riparare i danni sociali ed economici causati dalla pandemia. Ma il piano, che si chiama NextGenerationEu viene visto come uno strumento temporaneo non solo per la ripresa, ma anche per il salto epocale che l’Europa deve affrontare rispetto al cambiamento climatico e alle nuove scoperte tecnologiche. Il NextGenerationEu e l’Action Plan on Social Economy vogliono un rilancio a lungo respiro con l’obbiettivo di avere un’Europa più solidale, verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future.
Cerchiamo di essere realisti. Di fronte a cambiamenti globali di questa portata, come avrebbe fatto un singolo Paese europeo a superare le difficoltà che si sono presentate e si presenteranno in futuro? Nonostante inflazione, tendenze alla recessione e disuguaglianze in diversi settori della vita sociale ed economica, il ruolo che può esercitare l’Unione europea è insostituibile.
Anche perché ai problemi di rilancio dell’Europa si è aggiunto il momento più grave della crisi del vecchio ordine mondiale.
Nel giro di due anni ben tre guerre sono ricomparse in tutta la loro drammaticità e coinvolgono l’Europa, in Ucraina, in Medio Oriente e nel Canale di Suez, in un contesto di crisi del vecchio ordine mondiale, con la comparsa della Cina come grande potenza e la minaccia alla posizione dominante degli Stati Uniti.
Quale ruolo può svolgere l’Europa in una situazione come questa? E quale futuro l’aspetta di fronte a un mare di incertezze? Ancorata con la Nato a un’alleanza atlantica storica, l’Europa rischia di vedere confusi i suoi interessi con quelli americani. Per non ripetere errori passati (si pensi all’adesione acritica al neoliberismo d’oltreoceano) l’Europa deve innanzitutto diventare un solo Stato europeo.
Che cosa comporta avere una Costituzione? Significa avere un governo che decide, dopo un confronto tra le diverse forze politiche in Parlamento. Significa avere una politica degli Esteri comune e una difesa comune. Più in generale, dotare di una Costituzione l’Unione europea, vuole dire avere anche un’ipotesi realistica di società da creare e, pur nelle differenze territoriali, significa far rispettare una uniformità fiscale, che oggi non esiste, tollerando quei Paesi che attirano imprese e persone con basse tassazioni a danno di altri Paesi.
È sempre una Costituzione che può risolvere i problemi delle grandi differenze sociali e della precarietà del lavoro e, nello stesso tempo, impostare una politica economica comune che metta in riga lo strapotere finanziario di questi anni.
La scelta di una Costituzione che trasforma l’Unione europea in uno Stato, confederale o federale, richiede una cessione di sovranità nazionale che si potrà stabilire in alcuni settori della vita sociale di un Paese.
L’incertezza che si coglie in vari Stati europei alla vigilia delle consultazioni elettorali di quest’anno può solamente favorire l’antipolitica, il populismo, il sovranismo.
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