La conta giusta Ellekappa con la vignetta su la Repubblica di sabato: “L’Europa lancia un potente ultimatum a Putin: Fermati subito che qui siamo tutti in campagna elettorale”.
Alla vigilia delle elezioni in Russia, la troika franco-tedesca-polacca ha fatto la voce grossa: “Putin non deve vincere” e Macron ha prefigurato un invio di truppe al fronte russo-ucraino, che equivarrebbe a una dichiarazione di guerra – si badi – mondiale. E la prima pagina del mio giornalone preferito dedicava l’apertura alle prossime elezioni regionali della Basilicata. Vissute, come già quelle in Sardegna e Abruzzo e come le prossime in Piemonte, come preesame rispetto alle europee di giugno. Alla quali ci si avvicina senza che identità e futuro dell’Europa siano messe a tema nel pubblico dibattito. I partiti sono divenuti prevalentemente macchine elettorali, ma anche noi “società civile” siamo più attratti forse dai giri di valzer Conte-Schlein, certamente dai tormenti addominali di Kate e da quelli coniugali dei Ferragnez.
Ma due anni di guerra in Ucraina, causata dall’aggressione russa, segnano obiettivamente la fine della ricreazione.
Europa soggetto politico?
Una sorta di ricreazione è quella di cui ha goduto l’Europa dal secondo dopoguerra alle fine del comunismo e all’epoca della globalizzazione. Non che il disegno dell’unità europea non sia stato un prezioso contributo alla pace in Europa. Il fatto è che la pace e la sicurezza sono state garantite sostanzialmente dagli Stati Uniti e dall’Alleanza atlantica, nel quadro di un mondo stabilizzato – sull’asse Est-Ovest – dalla spartizione in zone di influenza. Con la Nato veniva messo a disposizione un ombrello tutto sommato a buon mercato, sotto cui trovò preferibile ripararsi anche il capo dei comunisti italiani, Enrico Berlinguer. L’Europa non ha mai avuto una propria reale politica estera e di difesa, la fedeltà atlantica era la bussola e tanto, più o meno, bastava. Non a caso il direttore di Limes, Lucio Caracciolo, sostiene che l’Europa non è un soggetto politico. In una recente lezione tenuta alla Scuola di formazione politica della Fondazione per la Sussidiarietà, l’ha provocatoriamente definita un bluff. Ma ha anche sottolineato che, nel mondo profondamente cambiato, ora deve assumersi le proprie responsabilità, in un senso o nell’altro, senza più alibi.
Questo sarebbe un bel tema per un dibattito verso le elezioni europee.
Europa a due polmoni?
Per ridefinirsi come soggetto plausibile, l’Europa dovrebbe avere il coraggio di analizzare le scelte e gli eventuali errori compiuti dopo il 1989. A giudizio di chi scrive la scelta di fondo era tra l’eccitazione neoliberista per un mondo globalizzato a guida unica capitalistico-americana e la visione di Giovanni Paolo II di un’Europa a due polmoni, unita dall’Atlantico agli Urali, ma appunto non a un solo ipertrofico polmone.
Inutile dire quale scelta ha prevalso. Così l’Occidente ha preferito non lasciare una fascia di Paesi per così dire neutrali costituiti dalle repubbliche ex sovietiche ma ha esteso il più possibile la Nato. Si è interessato a fare affari con i vecchi oligarchi e non a favorire la cultura democratica. Si è anzi servito anche di operazioni di propaganda, come le femen, che non a caso hanno agito anche in Ucraina – per iniettare costumi occidentali spinti, contrastanti con i valori della tradizione popolare locale.
La domanda è: è possibile e praticabile oggi una visione come quella di papa Wojtyła?
È una visione che consente spazi di negoziato?
Europa per una nuova Jalta?
Certo è che il mondo unipolare non c’è più, e non ci sarà più. Una muova Jalta, innanzitutto con protagonista la Cina, sembra auspicabile. Jalta, e tutti gli altri trattati di pace, sono giunti dopo una guerra, quando qualcuno aveva perso.
Ma c’è qualche caso di “Jalta” preventiva, fatta per scongiurare la guerra. Una “Jalta” globale ante litteram ebbe luogo nel 1493, in piena svolta epocale provocata dalla scoperta, l’anno precedente, dell’America. Un meridiano cento miglia dalle Azzorre segnava la spartizione bipolare del globo: a ovest del meridiano lo spazio spagnolo, a est quello portoghese. Lo decisione fu presa dal papa in persona, Alessandro VI Borgia ed emanata con la bolla Inter cetera.
La bolla pontificia no, ma un tentativo di Jalta preventiva andrebbe fatto.
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