Quale Re stiamo cercando?

Cristo si propone come l'esaudimento delle attese antiche, ma con una "svista". C'è una "vista" da recuperare perché la nostra speranza non sia vana

Cos’ha visto quella gente per gridare: “Osanna al Figlio di Davide”? Che discorsi si facevano nelle case di quei ragazzi tanto da muoverli ad arrampicarsi sulle piante per tagliare rami di ulivo e palma e agitarli al Suo passaggio? Che razza di attesa c’era nel popolo che, già dalla città di Gerico, si era accalcato per accompagnare Gesù fino a Gerusalemme?

La domenica delle palme raccoglie in sé numerose suggestioni. Si intuisce che c’è una promessa che sta per compiersi e, al tempo stesso, un mistero su come questo avverrà. I simboli dell’ingresso in Gerusalemme, che Cristo cura nei minimi particolari, suggeriscono a tutti che ci sono buone ragioni per sperare. L’uomo non è lasciato solo, le promesse antiche sono ancora vive, il ritorno del regno davidico non si è ancora trasformato in un’illusione.

Ma c’è uno scarto, come intuì la grande mistica tedesca Adrienne von Speyr quando scrisse che “Tra offerta e esaudimento vi è sempre come un contrasto, uno sbaglio, una svista” (Mistica oggettiva, Jaca Book, 1975, p. 249). L’evangelista Marco racconta che Gesù, mentre sta uscendo dalla città di Gerico per dirigersi a Gerusalemme, incontra e guarisce il cieco Bartimeo donandogli la vista. Sarà proprio quel cieco a chiamare Gesù “Figlio di Davide”. Curioso il fatto che, prima della passione, l’ultimo miracolo sia il dono della vista a un cieco. Cristo si propone come l’esaudimento delle attese antiche, ma con una “svista”. C’è qualcosa che non torna nel modo scelto dal Figlio di Davide di compiere quelle attese. E ciò che non torna è proprio la croce. C’è una vista da recuperare per riconoscere il compimento delle promesse nell’avvenimento del Calvario e nella vittoria della Risurrezione.

I vangeli raccontano che solo poche persone hanno avuto questo dono, e sono rimaste fino alla fine. Il discepolo che più ha avvertito la preferenza del Maestro: Giovanni. La donna che più è stata perdonata e amata: Maria Maddalena. E poi l’unica che, oltre a rimanere fino alla fine, ha potuto accompagnare Cristo fino in fondo: la Madre. Personaggi che ci ricordano il metodo per tornare a vedere sul serio: fare i conti con sé stessi, con il proprio bisogno, e con le proprie attese, come il cieco Bartimeo.

Benedetto XVI descrisse in modo efficace ciò che c’è in gioco nella festa di oggi e nella settimana santa: “Che cosa c’è realmente nel cuore di quanti acclamano Cristo come Re d’Israele? Certamente avevano una loro idea del Messia, un’idea di come dovesse agire il Re promesso dai profeti e a lungo aspettato. Non è un caso che, pochi giorni dopo, la folla di Gerusalemme, invece di acclamare Gesù, griderà a Pilato: ‘Crocifiggilo’! E gli stessi discepoli, come pure altri che lo avevano visto e ascoltato, rimarranno ammutoliti e smarriti. La maggior parte, infatti, era rimasta delusa dal modo in cui Gesù aveva deciso di presentarsi come Messia e Re di Israele. Proprio qui sta il nodo della festa di oggi, anche per noi. Chi è per noi Gesù di Nazaret? Che idea abbiamo del Messia, che idea abbiamo di Dio? È una questione cruciale, questa, che non possiamo eludere, tanto più che proprio in questa settimana siamo chiamati a seguire il nostro Re che sceglie come trono la croce; siamo chiamati a seguire un Messia che non ci assicura una facile felicità terrena, ma la felicità del cielo, la beatitudine di Dio. Dobbiamo allora chiederci: quali sono le nostre vere attese? Quali i desideri più profondi, con cui siamo venuti qui oggi a celebrare la Domenica delle Palme e ad iniziare la Settimana Santa?” (Dall’omelia per la Domenica delle palme 2012). La compagnia di queste domande sarà l’abbraccio più vero nei prossimi giorni.

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