“Cos’è l’uomo e come può stare davanti a queste circostanze? Cosa rende davvero ‘umani’ noi anche nella quotidianità dello studio, dell’università?”. Per rispondere a queste domande che agitano il cuore di tanti 300 universitari milanesi hanno dato vita a un “evento strano” che ha riempito per tre giorni piazza Leonardo davanti al Politecnico di Milano. Per sostenere la speranza degli uomini.

Un anno di preparazione, 300 volontari, tre mostre, quattro incontri, uno spettacolo teatrale, una serata di musica. Questi i numeri del Milano University District (Mu.D), l’evento organizzato dai ragazzi del Politecnico e dall’università Statale di Milano che ha visto l’affluenza di oltre mille persone al giorno in piazza Leonardo da Vinci. Numeri importanti, senza dubbio, ma non raccontano interamente ciò che è accaduto in quei tre giorni e soprattutto cos’ha destato il desiderio di mettere in piedi la manifestazione. Bisogna fare un passo indietro.

Si può non perdere “l’umanità” nello studio, nel lavoro o davanti a circostanze dolorose? È la domanda che alcuni universitari si erano posti perché provocati da ciò che stava accadendo nel mondo – lo scoppio della guerra, i femminicidi e altre notizie profondamente drammatiche. A questa si erano aggiunte altre domande: “Cos’è l’uomo e come può stare davanti a queste circostanze? Cosa rende davvero ‘umani’ noi anche nella quotidianità dello studio, dell’università?”.

Questi interrogativi posti da alcuni si sono poi estesi anche a tutti i visitatori del Mu.D: studenti, docenti, rider dopo le consegne e passanti di ogni età. Uno studente del Politecnico, dopo aver visto le mostre ed essere tornato a casa, cerca su Instagram l’evento e ci scrive: «Volevo ringraziarvi perché eventi di questo tipo (…) sono preziosi nella loro autenticità. Perché la nostra generazione non deve dimenticarsi che sono proprio queste situazioni di parola e ascolto a rendere l’uomo uomo». Poi una studentessa turca di architettura dopo aver visto una mostra dice: «Tante volte pensi di essere solo tu a star male, di avere solo tu queste domande, invece sono cose che viviamo tutti».

Una volontaria racconta: «Alcuni ragazzi di fronte alla frase di Leopardi “ed io che sono?” rimanevano come stupiti che qualcuno gli stesse dicendo quelle cose. Nella mostra dedicata allo studio in università, la citazione di papa Benedetto XVI diceva “in ogni verità c’è molto più di quanto ci saremmo aspettati… non dovremmo mai smettere di meravigliarci di fronte a questi prodigi”. Ecco in questi tre giorni ho vissuto un’abbondanza, una sovrabbondanza che non mi sarei mai aspettata, e questa meraviglia mi riempie di gratitudine».

Nella prima edizione del Mu.D la ricerca del senso dell’uomo, cioè della sua umanità, della sua capacità di porsi domande di questo calibro nei tre contesti sopra evidenziati ha fatto emergere il titolo: “Cosa rende l’uomo uomo?”.

L’evento che ha preso vita in piazza Leonardo da Vinci negli scorsi giorni del 20, 21 e 22 marzo, è stato organizzato da ragazzi universitari di Comunione e Liberazione dal desiderio di portare all’intera comunità universitaria ciò che li ha appassionati e affascinati della vita e dello studio, mossi dal desiderio di vivere l’università sfruttando tutte le opportunità di incontro e confronto che essa offre. Il titolo dell’evento si è declinato in tre ambiti – lo studio, il lavoro e il contesto “drammatico – dando vita a tre mostre.

La prima mostra, dal titolo “Studiare è fare un uomo”, ha presentato i testi di Mariella Carlotti “Io studio, per cosa?” e di Marco Bersanelli “Solo lo stupore conosce”. La mostra ha offerto un itinerario che va a esplorare i motivi che portano uno studente alla scelta universitaria e da lì si sono affrontati temi quali l’ansia per gli esami e la performance che caratterizzano la vita universitaria attuale. Nella conclusione veniva data una prospettiva nuova sul come lo studio in università possa essere affrontato.

La seconda mostra, “Tra un po’ non avrai più vent’anni e la vita diventa un mestiere”, ha ripercorso la vicenda umana e lavorativa di tre grandi imprenditori che hanno creato le loro aziende avendo sempre come centro d’interesse la persona: François Michelin, Vittorio Tadei e Michele Ferrero. Nella mostra si evidenziava come il lavoro vada a indicare una strada verso la realizzazione dell’uomo; quindi, che la mansione non sia per il mero ottenimento dello stipendio.

L’ultima, “Una strada nella vita”, è nata dalle domande sul senso della sofferenza, sorte dalla lettura de “La Strada” di Cormac McCarthy. Quest’ultima mostra ha delineato un atteggiamento più umano di fronte a un fatto drammatico che può accadere nella vita di ciascun uomo, sicché le inquietudini di ciascuno siano affrontate come interrogativi per un destino buono, come visibile negli esempi di “Kayrós” e de “La Mongolfiera” (di seguito specificati).

In preparazione alle mostre, i ragazzi universitari hanno incontrato uomini e donne che li hanno affascinati a tal punto che hanno deciso di invitarli a dialogare insieme a loro in piazza Leonardo, davanti a tutti i presenti, sui medesimi argomenti delle mostre, affinché testimoniassero concretamente una possibilità di affrontare certi grandi interrogativi.

La prima giornata ha visto ospiti Marco Bersanelli (docente di Astrofisica e Meccanica all’Università degli Studi di Milano e collaboratore presso IASF, Istituto Nazionale di Astrofisica) e Caterina Pizio (docente di Matematica e Fisica presso il Liceo Scientifico “Sacro Cuore” di Milano) con l’incontro “Cerco qualcosa di grande che resti: Io studio. Per cosa?”.

L’incontro ha approfondito alcuni temi riguardanti la mostra “Studiare è fare un uomo”. In particolare, ha permesso di evidenziare alcuni punti principali: l’esigenza dello studio come parte del percorso verso il destino dell’uomo, come affrontare lo studio quando si perde la passione, il tema della compagnia e il tema del fallimento nello studio.

La prima giornata si è poi conclusa con uno spettacolo musicale e letterario tenuto da alcuni ragazzi dell’Università Statale di Milano, dal titolo: “Cerco solo un sussurro in un mondo che grida”. Lo spettacolo evidenziava i drammi e le esigenze più profonde che vivono tutti gli studenti d’oggi.

È possibile, in un mondo che sembra così ostile, vivere e attraversare l’ansia? È possibile rompere questa solitudine? Se sì, come?

Al primo incontro della seconda giornata dal titolo “Tre uomini e una domanda: è possibile vivere il lavoro all’altezza dei propri desideri?” hanno dialogato Alberto Sportoletti (Amministratore Delegato e Partner di Sernet SpA e Docente di Management e Scelte Strategiche all’Università di Milano-Bicocca), Ugo Comaschi (dipendente presso Fastweb e membro di “AAA Lavoro”) e Giuseppe Mantovani (Capo stalla presso azienda agricola zootecnica nel cremonese). L’incontro ha permesso di esplorare il lavoro non come un tempo alternativo alla vita, ma come esaltazione dell’uomo verso il proprio compito nella sua quotidianità. I tre ospiti hanno inoltre riqualificato così il valore del nostro tempo, dissociandolo dalla sola remunerazione.

La medesima sera è stato invitato Don Claudio Burgio (Fondatore e presidente dell’associazione Kayrós, comunità di riabilitazione per minori) per un incontro dal titolo “Non esistono ragazzi cattivi: uno sguardo che va oltre il male”. I curatori delle mostre hanno riconosciuto in lui la testimonianza dell’esistenza di un cammino nel dolore che vada oltre all’indifferenza e alla disperazione.

L’ultimo giorno si è tenuto l’incontro dal titolo “Chiedimi se sono felice: una compagnia nel dolore”, con Davide De Santis (fondatore e presidente de “La Mongolfiera”, associazione di sostegno a famiglie con figli disabili). In quest’ultimo incontro Davide ha raccontato la nascita della sua associazione “La Mongolfiera”, condividendo anche la centralità che essa ha avuto nella sua vita, costellata di sfide e di scelte importanti. Nonostante il dolore ineliminabile, Davide è riuscito ad affrontare le sue fatiche, e quelle di coloro che gli chiedevano aiuto, con uno sguardo di speranza.

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