«Allarme: sostantivo maschile, sostantivazione della locuzione “all’arme”, comando militare; comando per ordinare alle truppe di impugnare le armi e tenersi pronte per affrontare un pericolo» (così nel vocabolario della Fondazione Treccani).

In un periodo come quello che stiamo vivendo, dove appena esci dalla porta di casa scopri un focolaio di guerra non necessariamente tra nazioni ma anche solo tra persone che fanno individualmente ricorso alle armi, usare un linguaggio da battaglia forse è inopportuno e sconsigliabile, però esprime in modo molto chiaro le preoccupazioni sulla sanità formulate dalla Corte dei Conti nella sua relazione svolta alla inaugurazione dell’anno giudiziario 2024 (Roma, 13.2.2024).

E quali sono le preoccupazioni sulla sanità che allarmano la Corte dei Conti, che come noto non è un consesso di nobili che si trovano a chiacchierare amenamente del più e del meno, ma è un folto gruppo di magistrati col compito di “vigilare sulle Amministrazioni dello stato al fine di prevenire ed impedire sperperi e cattive gestioni” (www.corteconti.it)? Vediamo cosa dice la relazione a proposito di sanità, anticipando che non ci si interesserà di tutto ciò che riguarda in senso stretto il tema dei reati o dei comportamenti giuridicamente sanzionabili, nonché l’attività giurisprudenziale della Corte, ma si vuole mettere l’accento sulla visione di servizio sanitario che emerge dalla valutazione dei magistrati contabili e che costituisce il cuore delle preoccupazioni che la Corte offre come indicazioni per un miglioramento dell’intero sistema sanitario.

Il rilievo più impegnativo viene così formulato dalla Corte dei Conti: “Non si può sottacere che la grave crisi di sostenibilità del sistema sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone e pesante aumento della spesa privata; la tendenza, ormai già da diversi anni, appare lenta ma costante: da un Servizio sanitario nazionale incentrato sulla tutela del diritto costituzionalmente garantito, a tanti diversi sistemi sanitari regionali, sempre più basati sulle regole del libero mercato“.

Si tratta, come comprende facilmente chiunque, di un giudizio molto severo che va ben oltre le tipiche osservazioni critiche della magistratura contabile, un giudizio che in termini scolastici non rimanderebbe a esami di riparazione, ma equivarrebbe a una vera e propria bocciatura senza appello: il Ssn non è più sostenibile, non garantisce più equità di accesso alle prestazioni (cioè cade uno dei tre principi su cui è stato costruito il Ssn), provoca prevedibili conseguenze sulla salute dei cittadini, produce un aumento della spesa di tasca propria (e quindi crolla anche il secondo pilastro del Ssn: l’uguaglianza), per arrivare addirittura a concludere che non c’è più un unico servizio sanitario nazionale legato al diritto garantito dalla Costituzione, ma ci sono tanti servizi sanitari regionali diversi tra di loro e che rispondono più alle regole del libero mercato che non al dettato costituzionale.

A valle di questo allarme, di cui la Corte dettaglia solo alcune caratteristiche accennando a temi che possono facilmente far intuire le criticità di cui sono portatori, dei tre pilastri rimarrebbe in piedi solo il principio di universalità? Magari fosse così, ma per non farsi mancare niente la Corte liquida anche l’universalismo quando scrive: “Il monitoraggio dei Lea … indica il permanere di criticità, soprattutto nelle regioni meridionali, ed un aggravarsi delle stesse nel funzionamento dei servizi di emergenza e urgenza, per l’ormai cronica carenza di personale, sia in riferimento all’utilizzo dei c.d. medici a gettone, sia, più in generale, in relazione alla disponibilità di risorse professionali necessarie a garantire il funzionamento di una componente cruciale del sistema di assistenza. … Continuano a rilevarsi valori estremamente contenuti, ad esempio, per gli screening oncologici effettuati nelle regioni in Piano, e solo parziale nel 2022 è stato il recupero delle prestazioni non effettuate durante la pandemia; il tasso di pazienti trattati in Assistenza domiciliare integrata (Adi) resta contenuto. … resta eccessivo in tutto il paese (ma soprattutto al sud) il ricorso ai parti cesarei nelle strutture con un limitato numero di parti l’anno; come pure non è stato raggiunto nella maggior parte delle regioni meridionali l’obiettivo di interventi tempestivi per alcune patologie, quali la rottura del femore nei pazienti anziani, in cui gli esiti dell’operazione dipendono in modo cruciale dalla brevità dei tempi intercorrenti dal ricovero“.

Basta così? Neanche per idea, si dovrebbe dire leggendo tutto quello che la Corte ha scritto: non potevano infatti mancare anche i commenti critici sul finanziamento e sulla spesa (“già da tempo più bassa rispetto agli altri Paesi europei … Le risorse stanziate nel periodo 2020-2022 sono state interamente assorbite dalla pandemia, con conseguente impossibilità di aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e allargamento del già ampio gap tra le diverse Regioni … nel 2022 seppur a tassi più contenuti dello scorso biennio, la spesa sanitaria ha continuato a crescere più delle entrate, ponendo le Amministrazioni di fronte alla necessità … di ‘dirottare’ al finanziamento del settore risorse aggiuntive per garantire l’equilibrio dei conti“); sull’inefficiente utilizzo delle risorse ospedaliere; sulla inadeguatezza della rete territoriale (“evidenziando come in numerose realtà territoriali gli ospedali siano il principale (e a volte l’unico) punto di riferimento per l’assistenza“); sul ritardo nel recuperare le liste di attesa dei ricoveri e delle prestazioni ambulatoriali; sul personale e le relative carenze di organico in alcuni specifici settori; per terminare con le conseguenze negative della medicina difensiva e degli episodi di malpractice.

Si deve riconoscere che si tratta di un giudizio impietoso e da far tremare i polsi, certamente non ignoto a chi si occupa professionalmente di sanità o a chi segue queste colonne (dove l’argomento è stato ripetutamente esaminato), ma l’autorevolezza del proponente e l’assenza di valutazioni che potremmo considerare partigiane o motivate da posizioni aprioristiche aggiunge un quid significativo al dibattito. A proposito del servizio sanitario la Corte non usa mai il termine “riforma”, che probabilmente non le compete, e neppure avanza proposte concrete o suggerimenti specifici di intervento, ma appare chiaro che ai rilievi dei magistrati contabili non si può rispondere con qualche euro in più (per altro sempre graditi dal settore), con qualche pezza o rattoppo qui e là (esempio: aumenti e incentivi al personale, anch’essi ben accetti naturalmente), e nemmeno con gli stimoli e le risorse messe in gioco dal Pnrr (quando applicato come si deve).

L’unico modo serio per raccogliere l’allarme della Corte dei Conti è aprire prima possibile a livello istituzionale alto un dibattito ampio sugli elementi (principi e proposte operative) che possono portare a una riforma complessiva del Ssn: sono passati “solo” 45 anni dalla sua istituzione, ma non si può più fare a meno di imboccare questa strada.

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