Bigino per l’Europa

Si avvicina l'appuntamento delle elezioni europee, ma nel nostro Paese poco si sta discutendo delle sfide dinanzi al Vecchio continente e alle sue politiche

Peccato avvicinarsi alle elezioni europee con la testa nello Stivale. Tutto lascia pensare che ancora una volta stia accadendo così. Che si sia chiamati a votare a giugno per eleggere gli eurodeputati di Strasburgo lo si capisce dall’aumento delle fibrillazioni e della litigiosità tra le forze politiche, non certo da un dibattito sui temi europei. Come se questi non contassero niente. Errore. Il nostro destino non è il destino dell’Italia, ma il destino dell’Europa.

E il destino presenta un bivio: o riguadagnare il ruolo perduto di “terzo polo” sulla scena mondiale o ridursi a propaggine eurasiatica di altri imperi. Ci sono grandi questioni che non è esagerato definire epocali, che sono impossibili da affrontare da singoli Stati nazionali. Per quanto ci riguarda, solo l’Europa come soggetto politico ha una dimensione proporzionata all’impresa.

Queste grandi questioni si possono sommariamente ricondurre (lo ha fatto magistralmente l’economista  già Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, parlando alla Scuola di formazione politica della Fondazione per la Sussidiarietà)  a: 1) processo demografico, 2) sviluppo tecnologico, 3) evoluzione geo-politica. Aggiungerei 4) sicurezza e difesa, 5) (post-democrazia), 6) etica e (nuovi) diritti.

Nella storia moderna il ruolo mondiale dell’Europa (dalla seconda metà del Novecento con gli Usa) è stato supportato, nel bene e nel male, dalla supremazia in tutti e tre i campi sopra citati: popolazione più numerosa, possesso delle tecnologie, controllo dei mercati. Oggi non è più così.

1) La popolazione europea da molto tempo staziona sui 450 milioni, con tendenza prevista alla riduzione. Mentre la popolazione mondiale è cresciuta e continuerà a crescere, fino a toccare nel 2050 i dieci miliardi. L’Europa scenderà sotto il 5%. Ci saranno sempre più vecchi e meno giovani e quindi meno lavoratori.

Connesso a questo ci sono almeno tre grandi questioni:

a) Natalità e maternità: quali politiche?

b) Immigrazione: quali strategie per una gestione razionale e lungimirante, non ridotta all’emergenza e al respingimento?

c) Welfare: costerà sempre di più e rischia di diventare insostenibile. Incentivare un modello sussidiario, affidarsi allo statalismo fin che dura o delegare al mercato provati?

2) Le nuove tecnologie che si stanno affermando e sviluppando in maniera impetuosa (esempio: intelligenza artificiale, connettività, cloud, quantum computing) non vedono presente l’Europa.

Eppure essere sono sempre più determinanti per la produzione di beni e l’erogazione dei servizi. Si vuole provare a ridurre il gap? Aumentare gli investimenti? Dove?

3) I sommovimenti geo-politici sono in parte nel segno della de-globalizzazione, anche con tendenze protezionistiche. I mercati sono in movimento e le attività produttive si spostano. Creando ovviamente scompensi nell’occupazione. Vecchi lavori spariscono, nuovi lavori compaiono. La politica, in particolare comunitaria, può farsi carico di accompagnare questi movimenti, incentivando la formazione e la riqualificazione?

4) Abbiamo la guerra nel fianco est dell’Europa (Ucraina) e a ridosso del lato meridionale (Medio Oriente). Non abbiamo una politica estera comune, né una difesa comune. Abbiamo vissuto con poca spesa sotto l’ombrello Nato (che anche il capo dei comunisti Enrico Berlinguer riteneva preferibile). Adesso sta finendo la pacchia. Che fare?

5) L’Europa è la culla della cultura democratica.  Le democrazie nel mondo sono sempre meno. Far credere di volerle esportare con le armi si è dimostrato un tragico bluff. Ma anche le democrazie classiche non sono esenti da problemi e crisi. Il potere economico-finanziario conta sempre di più, la politica sempre meno, la partecipazione lascia il posto a un crescente astensionismo. La ricetta della disintermediazione ha avuto esiti disastrosi. L’Europa ha la sussidiarietà nella sua Magna Charta. Può essere luogo di ripresa di una cittadinanza attiva e solidale?<

E l’architettura istituzionale europea, è “democratica” fino a un certo punto (perché, ad esempio, il Parlamento votato dai cittadini non elegge il Governo,  il Consiglio può legiferare anch’esso, oltre al Parlamento, ecc.). È un’architettura un po’ scanchignata, a ben vedere. Idee?

6) Infine etica e nuovi diritti. Tra questi ultimi, proprio pochi giorni fa, il Parlamento europeo, con una scelta alla Macron, ha inserito l’aborto. Chi si accomoderà sul suo seggio a Strasburgo, si batterà per un’Europa indissolutamente sposata con  teorie gender, suicidio assistito, eutanasia come nuovi diritti di valore costituzionale, oppure per un’Europa ispirata alla vecchia preziosa sana laicità, che non fa di una qualche ideologia un nuovo dogma teocratico o cesaropapista?

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