Silvio Cattarina responsabile dell’Imprevisto, Comunità terapeutica di Pesaro che opera attraverso percorsi di recupero per giovani devianti e tossicodipendenti, sintetizza il cuore del suo metodo di lavoro: l’ascolto del grido dei giovani. Metodo tanto elementare da risultare impossibile per chi non ha il cuore di un bambino capace di stupirsi e soffrire con gli altri e per gli altri.
Per imparare a vivere, a essere, a diventare umani, una delle strade più opportune che possiamo intraprendere noi adulti è quella di tenere sempre aperto, nel nostro intimo, uno spazio per i ragazzi del mondo.
Sono i nostri figli, sono tutti figli nostri, che dicono, che gridano: ascolta!:
“Renditi conto, comprendi, guarda il male dove sembra che ci siamo infilati; vedi anche il vasto bene che portiamo, che vorremmo essere. Fermati un attimo, accorgiti della vertigine in cui siamo precipitati… se puoi e se riesci piangi un poco insieme a noi, prova a commuoverti anche tu! Non vedi in quanti siamo chiusi, rinchiusi in una prigione di solitudine, di smarrimento, di silenzio? Sì, non riuscire a conoscersi, a realizzarsi, a relazionarsi con gli altri, a dire, a gridare ciò che abbiamo in gola e in petto ci costringe, ci getta, sordi, muti e ciechi, in un abisso di povertà, di negatività che spesso esplode in pulsioni disperate e incontrollate e in azioni autodistruttive.
È importante, necessario che voi adulti sempre più vi abituiate a pensare che i ragazzi del mondo vi sono dati, vi sono affidati, vi attendono per compiere un pezzo di strada insieme. Non dovete pensare come ragioniamo noi ragazzi, ossia che siamo ‘sfigati’, dei poveretti, degli smidollati… siamo invece le persone più belle e preziose del mondo. Allora, il traguardo è un’avventura insieme, una reciproca esperienza per conoscere, scoprire la grandezza del cuore dell’uomo e della sua vita, la nobiltà e la dignità della realtà. La meta è incontrare, ritrovare la bellezza e la grandezza senza fine della vita.
Per capire queste verità, per scoprirle, occorre che noi giovani incontriamo dei padri: per essere accompagnati, sostenuti, educati, consolati, perdonati. Il valore che siamo è il grido del nostro cuore, non ciò che facciamo o ciò che abbiamo… ma ciò che portiamo, meglio, ciò di cui siamo portatori: la struggente attesa di un bene radicale.
Tutto questo non lo sappiamo, né lo possiamo capire da soli: lo possiamo vedere, imparare, rubare con gli occhi, vivere solo se con noi si affiancano degli adulti belli, veri, coraggiosi. Sì, sempre la vita può ripartire, può rinascere. Può continuamente ambire all’essenziale. Può ancora esprimersi con un canto nuovo. La vita è un’esperienza così bella e impegnativa che non può essere sprecata, va invece accolta e affrontata come un grande dono: per questo dono val la pena sacrificare tanto e tutto.
Che sorpresa, che imprevisto essere incontrati da persone, adulti, amici, genitori, professori che ti aspettano, che ti hanno sempre atteso, che ti accolgono con uno sguardo che ci lancia in alto, in alto per trovare, per conoscere il mio volto”.
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