Abortismo, Antifascismo: due dogmi. Movimentismo: il metodo. Puntualmente a ogni buona occasione la sinistra, politica e sindacale, si rifà a questo adusato copione. Il copione risponde all’obiettivo di delegittimare il più possibile l’avversario. Vecchia storia. Vista prima con Silvio Berlusconi, ora con Giorgia Meloni. Il primo per il conflitto d’interessi, tenuto in serbo dal centrosinistra come arma di polemica politica (e su cui peraltro le maggioranze di centrosinistra succedutesi dal ’95 in poi si sono ben guardate dal legiferare). La seconda per l’appartenenza a un partito che deriva da Alleanza nazionale il quale nacque, con presa di distanza, dal Movimento sociale, il quale era di ascendenza fascista.
Oddio, la sinistra sarebbe finita già nel 1980, a giudizio di Fausto Bertinotti (vedi l’intervista al Corriere di ieri), già leader sindacale dei metalmeccanici della Fiom-Cgil e politico di Rifondazione comunista. Nel senso che si sarebbe arresa alla vittoria del capitalismo ultraliberista. E nel senso, aggiungeremmo sulla scia di Augusto Del Noce, della trasformazione del Pci in partito radicale di massa.
E infatti la tematica dei cosiddetti nuovi diritti individuali (temporalmente e logicamente successiva all’introduzione dell’aborto legale) sarebbe giustamente da definirsi radical-borghese. È questo dei diritti radical-borghesi un terreno di caccia ai consensi da parte di una sinistra che non ha più radicamento nelle basi popolari. Non si spiegherebbe altrimenti la levata di scudi, apparsa invero assai pretestuosa, contro l’emendamento di FdI che rafforza la possibilità per i consultori familiari di avvalersi di personale qualificato per l’aiuto alle donna e il sostegno alla maternità, nella linea di dare attuazione, e non certo di sabotare, la legge 194.
Levata di scudi che ha svelato il passaggio dalla concezione dell’aborto come opzione possibile per necessità, quasi come extrema ratio all’aborto come diritto addirittura di rango costituzionale (come ha fatto Macron, come vorrebbe il Parlamento europeo, con tanto di ministra spagnola che si permette di mettere il becco negli affari interni italiani…).
Comunque con il pretesto abortista l’opposizione lancia il messaggio: la Meloni ha i voti, ma è reazionaria, Dio Patria Famiglia contro le donne. Chi non è abortista non si impicci di donne e gravidanze. Questo sì è contro la 194.
Certo, utilizzare un decreto relativo al Pnrr per far approvare quell’emendamento è mossa che si direbbe irrituale, se non fosse che da che Repubblica è Repubblica, leggi simili, e soprattutto le Finanziarie, diventano abitualmente e senza colpo ferire dei treni merci – o dei cavalli di Troia – in cui caricare di tutto e di più che possa accontentare questo o quell’interesse.
A riaccendere la fiamma dell’antifascismo di lotta ci pensa mamma Rai. Il caso Scurati è emblematico del fatto che i guai più fastidiosi al leader non li creano né i nemici intelligenti, né gli amici sinceri, entrambi disposti, ognuno a suo modo, a critiche serie e motivate, ma gli adulatori sempre impegnati a ruffianarsi col capo compiacendolo e facendogli presunti favori non richiesti per mostrarsi fedelissimi come dei pasdaràn. I fatti, anzi la farsa, sono noti. La Rai invita il celebre scrittore, le cui idee sono ben note, a scrivere e leggere un messaggio per il 25 aprile. Il messaggio parte da Matteotti e si conclude con critiche alla Meloni, La Rai blocca tutto giustificandosi con un risibile motivo economico (1.800 euro? troppi, facciamo 1.500…), la giornalista Bortone lo legge lei, Scurati concede gratis, il testo di Scurati lo pubblica la Meloni, lo pubblicano tutti, imperversa sui social, Scurati andrà in tv da Gramellini con Vecchioni, Scurati è sulle prime pagine di tutti i quotidiani della domenica. Della serie: se vuoi fare pubblicità a un testo, censuralo. Lo zelotismo di certi funzionari Rai è storico: mitici quelli che fecero tagliare la scena di don Camillo che sale al monte dell’esilio con la croce perché “offensiva della religione” (!), memorabili quelli che rifiutarono di mandare in onda la canzone Dio è morto, mentre Radio Vaticana la trasmetteva serenamente. In entrambi i casi facendo una figura di cioccolato loro, e un danno alla Dc e alla Chiesa.
Dagli amici e dagli zeloti ci guardi Iddio. L’altra sera, nel caso nostro, pochi o tanti italiani avrebbero sentito il monologo, ognuno avrebbe continuato a pensarla come prima e con 1.800 eurini più viaggio vitto e alloggio la Rai la sfangava senza danni. In alternativa, poteva non andare a cercare lo scrittorone antifascista. Macché. Da utili zeloti, quelli di viale Mazzini hanno finito per dare col pasticcio censorio un’arma – in verità sempre più spuntata – in mano a chi non aspetta altro che argomenti polemici o pretesti divisivi, fa niente se artificiosi, essendo in difetto di vera capacità politica. Intendiamoci, la litigiosità non è carattere solo della sinistra, ma triste eredità pressoché comune del bipolarismo di guerra succeduto alla prima repubblica
Per capacità politica è da intendersi l’attitudine a porsi obiettivi in tutto o in parte realmente raggiungibili, anche attraverso il conflitto, ma non partendo e finendo lì, bensì praticando le vie del confronto, della negoziazione, del compromesso.
La politica di agitazione delle bandiere, invece, produce inevitabilmente la non politica del movimentismo, dell’agitazione autoreferenziale per l’agitazione. Lo si vede bene nei recenti comportamenti della Cgil di Landini e della Uil di Bombardieri, chiamate su chiamate in piazze (semivuote) su obiettivi teoricamente anche giusti ma necessariamente proposti in termini generici e astratti. Ne ha scritto ieri su questo giornale Sergio Luciano: condivido in toto e non aggiungo altro.
Abortismo, Antifascismo, Movimentismo. Ci sarebbe da aggiungere anche Giustizialismo, sotto elezioni europee… Ma il Pd – non sono più i tempi di Occhetto e Greganti – è esso stesso sotto schiaffo delle inchieste giudiziarie e al momento il Giustizialismo è rimasto praticabile solo da Giuseppe Conte.
Il realismo (in luogo del movimentismo) è una delle condizioni sine qua non della politica. L’altra è la sussidiarietà; l’ascolto delle realtà di base, l’intercettazione dei bisogni e delle risposte possibili, la capacità di mettere in sinergia pubblico e privato, profit e non profit, Pubblica amministrazione centrale ed enti locali.
Se no restano in campo bandiere ideologiche e utili zeloti.
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