La scritta è un po’ dappertutto: “Si riceve solo su appuntamento”. Cristo, in materia, si oppone: “Si riceve solo senza appuntamenti”. Sa bene, Lui, che gli incontri che ti cambiano la vita sono sempre quelli senza appuntamento. Anche se la vita, a conti fatti, è una rete di piccoli, invisibili appuntamenti. “Non importa come vada la vostra vita – insiste Cristo -: resta il fatto che ‘per caso’ rimane il migliore appuntamento a cui presentarsi”.

Tommaso, per esempio, era ancora scombinato (leggermente dubbioso, anche un po’ rabbioso a dir la verità) per la vergogna appioppatagli addosso, a lui e ai suoi undici amici, sul Gòlgota. È vero che erano stati avvisati anzitempo: lui, però, a dispetto di quell’avviso, non avrebbe mai immaginato così la fine del suo Gesù. Di conseguenza, facendo i conti senza l’oste, non avrebbe mai pensato che lui e gli amici suoi se ne sarebbero fuggiti vedendo due sbirri con le lanterne in mano. Tant’è che Lui, non soltanto Pietro, all’amico Gesù avevano giurato di esserci sempre: “Conta su noi!”. Quando Lui lasciò che l’appendessero alla Croce, procurò a Tommaso e compagnia bella la sua ferita più larga: aver deluso le loro speranze, ai suoi occhi, gli fu ancora più doloroso dell’essere stato abbandonato da Lui. Figurarsi se, dopo questa botta, era ancora disposto a credere, anche solo per sentito dire, alla risurrezione del suo Maestro: “Troppo crudamente si era visto sbugiardare la prima confidenza perché potesse, ora, fidarsi dei suoi compagni d’inganno” (G. Papini). Non volle più rischiare di venire anche solo abbindolato con le parole: troppa delusione ancora fresca!

Se la liquidò da sé: “Pazienza”. Allargò le braccia mentre ritornava alla vita quotidiana: gli si era bucata anche la pazienza di scorta a Tommaso. Affascina, però, che anche Gesù, appena mette piede fuori dal sepolcro – decidendo di ritornare a frequentare i vecchi amori dei giorni passati – abbia pronunciato la medesima parola dell’amico: “Pazienza!”. Fu la maniera in cui la pronunciò, però, a differire: mise il punto esclamativo dopo la parola. Non disse: “Pazienza”, allargando le braccia come Tommaso. Disse: “Pazienza!” come chi, col gesto di abbassare le mani come fossero molle, chiede del tempo supplementare prima della resa. “Ci vuole pazienza, un po’ di pazienza ancora! – disse Cristo alla Madre appena se la baciò da risorto -: ci vuole coraggio a innamorarsi, mamma, ma ce ne vuole molto di più per rimettere mano ai vecchi amori e ripararli!” Bisognerà, prima di aggiustarli, ripulire bene la superficie rotta: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mano nel suo fianco, io non credo”. dice Tommaso ai suoi dieci amici.

È così ferito in amore, Tommaso, che stavolta decide che è meglio usare le precauzioni: siccome, quando si è innamorati, è facile vedere ciò che si vorrebbe vedere e rimanerne ustionati, non è più disposto a fidarsi degli occhi: “Mi hanno già tradito una volta i miei occhi – disse -: quel giorno bastò un suo sguardo per bruciarmi il cuore. Non ci casco più come un pero cotto!”. Infila la precauzione: “Se non metto il mio dito (…) la mia mano”. Il veggente qualche volta sbaglia con gli occhi: il cieco, con le mani, spesso sbaglia meno del veggente. Eccola la pazienza che ci vuole: “Metti qui il tuo dito”.

Ancora una volta Cristo rende eterni quelli che l’hanno offeso: ritorna in casa apposta per Tommaso. A domicilio, anche stavolta. Non è tirando lo stelo che si fa crescere il grano più in fretta: bisogna saper pazientare con amore. “Ci vuole pazienza con Tommaso!” perché la pazienza porterà più lontano di quello che porta l’intelligenza: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,19-31). Fu così, con quattro parole in croce, che Tommaso confessò la sua disfatta, più bella d’ogni vittoria, tornando tutto di Cristo.

“Pazienza” è una strana parola: puoi dirla quando aspetti e anche quando scegli di non aspettare più. Per quanto riguarda Cristo, la sua pazienza è come il dentifricio: per quanto spremi il tubetto, in fondo ne rimane sempre un po’. Quel po’ che basta per far ripartire il cuore quand’è a pezzi. O semplicemente in subbuglio.

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