È la storia di quattro provinciali che diventano cittadini del mondo. Undici a dire la verità, non quattro: tutti quelli dell’inizio, meno Giuda che ha imboccato un’altra strada da sé. Il merito, comunque, non è stato certamente loro: fosse dipeso dalle loro volontà, sarebbero rimasti dei provinciali a vita. Dei provinciali così arroganti da esaltare in eterno il loro campanile (“Il nostro è più alto del vostro”), le piccole storie di cui erano protagonisti. Peggio: fosse dipeso da loro, avrebbero preso il Cristo – il Cristo che avevano tradito tutti, non soltanto Giuda, nei minimi dettagli – e lo avrebbero fatto diventare la roccaforte del provincialismo. Perché questi, e non altri, erano gli Undici rimasti: gente che alla morte aveva dato subito credito, ma alla Risurrezione faceva una fatica boia a credere.
Fu per questo che, dopo aver avuto l’evidenza ch’era risorto l’Amico, di andarsene in giro per il mondo non è che avessero granché voglia. Fosse dipeso da loro, ripetiamo, il Vangelo sarebbe diventato una stanza buia come lo è una provincia: come ti muovi, vai a sbattere sempre contro le stesse persone, quelle che conosci da quando sei nato. E poco importa se, alla fine, potevano vantare di aver preso casa in città a Gerusalemme: la provincia esiste anche nelle metropoli. Non è una cosa che è nella geografia, è una possibilità dell’anima. Scrisse Ambrose Bierce: “Metropoli. La roccaforte del provincialismo”. Undici provinciali stravaccati sul divano, tutti intenti a spettegolare di Giuda e dei suoi segreti misteri rimasti appesi all’albero.
Meno male che ci pensò Lui. Ancora una volta: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”. Lo chiese dopo che, risorto, spendette quaranta giorni a porre i pilastri della nuova Chiesa e del Vangelo. Furono giorni nei quali non dispensò nessun dono, ma, rinfrancandoli con la sua pace, preparò la struttura della Chiesa che, nel tempo, avrebbe fatto le sue veci nel mondo.
La provincia, insomma, doveva essere abolita perché il messaggio della salvezza non s’impantanasse nella burocrazia, ma fosse messo a completa disposizione di tutti coloro che ne avessero avvertito l’urgenza e l’attrattiva. Pronti, attenti, via dunque: “Andate in tutto il mondo”. A combattere, prima di tutto in loro stessi, il provincialismo ch’è qualcosa più dell’ignoranza: è “l’ignoranza più una volontà di uniformità. Una malevolenza latente, spesso una malevolenza attiva” scrisse Ezra Pound. Il Vangelo, invece, dovrà abolire le province, sgomitare contro una cultura gretta capace di creare dei vicoli ciechi da trascorrere tutta la vita. Non è forse questa l’ubiquità tanto bramata dai discepoli d’ogni stagione? “Oggi vorrei il dono dell’ubiquità – così ragiona ancora qualcuno -, così potrei esser sdraiato su due divani contemporaneamente”. Pensando, così facendo, di essere uomo del mondo. Satana, alla fine della fiera, cos’altro propone se non di morire come copia essendo nati originali? La sua proposta, nel tempo, non muta: “Uomini di mondo persi nel provincialismo cosmico”. Anche no: rifiutiamo l’offerta e andiamo avanti!
Dappertutto: “Essi partirono e predicarono dappertutto mentre il Signore agiva con loro”. Partirono all’impazzata – loro che sognavano di restare sdraiati su due divani contemporaneamente! – dopo che fu assicurato loro un tetto sotto il quale essere sicuri di trovare riparo nella bufera: “Il Signore Gesù fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio”. Le mani, le mani che recavano l’impronta dei chiodi e la traccia del sangue, diventarono la loro casa e la loro benedizione per sempre. Salì al cielo, dunque, non per andarsene via per sempre, ma per rimanere per sempre con loro “dappertutto”. Un avverbio di forza prima che di luogo: loro, gli amici, andranno dappertutto perché spinti dall’Amico che, dentro di loro, andrà dappertutto in loro compagnia. Incoraggiandoli, accreditando loro fiducia agli occhi del mondo: “Il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (cfr Mc 16,15-20).
Andranno in guerra, a combattere quella provinciale voglia d’apparire internazionali rimanendo i soliti provinciali.
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