Il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo ci costringe a trovare nuovi modelli e soluzioni per attuare un nuovo paradigma di sviluppo sostenibile. Il dibattito corrente sembra concentrarsi su due posizioni differenti. La prima pone l’accento sul concetto di “decrescita felice”, sostenendo che per avviare un processo di sviluppo sostenibile occorra, almeno inizialmente, frenare i ritmi di produzione e rallentare il motore dell’economia. La seconda, invece, sostiene che senza crescita non ci possa essere una adeguata transizione verso un nuovo modello di sviluppo.

La storia recente, italiana e non, ha mostrato che l’elemento decisivo di ogni processo di sviluppo è stato il desiderio irriducibile della persona. Desiderio di responsabilità, lavoro, benessere, bellezza, conoscenza, comunità. È questo il vero motore che ha permesso alla società non solo di non soccombere alle crisi, ma di coglierne tutte le opportunità di sviluppo e progresso. Si pensi alle numerose opere sociali nate in Italia tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, al miracolo economico, o all’avvio del grande progetto europeo dopo la seconda guerra mondiale. Einstein scriveva: “La crisi porta progressi. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”. Assecondare l’emergere di tale creatività e inventiva è la via maestra per il progresso.

Il lavoro, l’educazione e l’innovazione tecnologica sono la massima espressione di questa indomita dimensione umana. Puntare su questi tre aspetti significa scommettere sul desiderio irriducibile della persona come la scintilla per il rilancio economico e sociale. Questo motore non va rallentato. Occorre innanzitutto recuperare una corretta concezione del lavoro, perché il lavoro è lo strumento che l’uomo ha per esprimere sé stesso e contribuire al bene proprio e degli altri. Negli ultimi anni, questa concezione positiva del lavoro ha lasciato il posto a una visione negativa, che riduce il lavoro alla fatica che esso implica e a qualcosa che toglie tempo ad altro. C’è un aspetto di realizzazione personale che è in sé portatore di utilità. Nel lavoro l’individuo ha la possibilità di esprimere tutta la sua personalità.

Il secondo elemento fondamentale per lo sviluppo è l’educazione. Se guardiamo alle culture e alle nazioni che meglio hanno gestito l’incertezza e la necessità del cambiamento, hanno tutte assegnato all’educazione il ruolo fondamentale nel preparare i giovani a gestire il cambiamento e l’incertezza nei loro percorsi di vita. Da diversi anni ormai stiamo assistendo a una crisi mondiale dell’istruzione, tanto che si è iniziato a parlare di “povertà educativa” come una nuova forma di povertà. Senza educazione e diffusione di conoscenza non esiste alcun sviluppo. Il contributo essenziale degli investimenti in capitale umano e sviluppo della conoscenza alla crescita economica è stato ben documentato nella teoria economica. Recentemente, è stato anche evidenziato il ruolo fondamentale che l’educazione ha nel ridurre le disuguaglianze, soprattutto economiche. Un tema educativo molto attuale riguarda l’importanza e la formazione delle non cognitive o character’s skills, ossia quell’insieme di competenze che hanno a che fare con la sfera dello sviluppo personale, competenze che non si acquisiscono soltanto tra i banchi di scuola, ma che possono e devono essere educate anche dopo.

Il terzo elemento da cui non si può prescindere per avviare un processo di sviluppo è la tecnica e l’innovazione tecnologica. Oggi la tecnologia è parte del nostro ambiente. Pensare quindi di costruire un nuovo paradigma di sviluppo che non tenga conto di essa sarebbe indubbiamente riduttivo. Come dal desiderio di intraprendenza e di utilità nasce la passione per il lavoro e dal bisogno di conoscenza la necessità di educare, così alla radice dell’innovazione c’è il desiderio di bellezza e progresso che caratterizza l’essere umano. Esiste un legame ontologico tra il gusto per la bellezza e l’innovazione.

Lavoro, educazione e tecnologia sono tre elementi tra loro interdipendenti ed elementi fondamentali dello sviluppo. La strada da percorrere non è quella della decrescita, ma quella della crescita che valorizzi l’impeto umano che sta all’origine di questi tre fattori. Uno sviluppo che tenga fuori anche solo una di queste dimensioni non può dirsi sviluppo sostenibile, capace cioè di far progredire l’uomo nella sua interezza.

 

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI