Grazie a una tempesta

Ogni tempesta nella vita ci costringe a domandare ciò che può desideriamo. Ma fare da soli non serve; occorre domandare che Cristo si svegli

Avrà sui sessantacinque anni, si avvicina e iniziamo a parlare. A un certo punto esce con questa frase: “Io faccio parte di quella generazione che voleva cambiare il mondo, e adesso ha seppellito i propri sogni”. Mi è venuto spontaneo uno sguardo di tenerezza e di commozione nel vedere come la realtà mette in noi il desiderio dell’unica cosa necessaria: il cambiamento di sé. Non è questione di aver fallito, di aver rinunciato o di essere passati dall’altra parte, ma di aver intuito che, senza il mio “io” cambiato, il resto diventa presto un grande bluff. Per questo Gesù permette la tempesta, come racconta il Vangelo di Marco in questa domenica: “Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva”.

Ci sono tutte le condizioni perché ciascuno possa emergere con tutta la verità di sé. Spesso capita così anche nella vita: solo dovendo affrontare una grande sfida si vede a cosa siamo attaccati. I discepoli escono allo scoperto: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. In una frase hanno concentrato tutti i timori, di essere abbandonati e di essere finiti. Hanno già deciso che non ci sarà scampo e che la tempesta non potrà che portare a un male. Per di più insinuano il sospetto che Cristo non sia più interessato al loro destino.

Davanti alla prova emerge tutta la fragilità della loro posizione, disposti a mettere in discussione tutto quello che avevano visto accadere con Gesù fino a quel giorno. Il Maestro si sveglia, mette a tacere la natura, e poi li provoca: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”.

Ciò che manca non è il bel tempo, la calma delle acque, il destino positivo, ma la loro fede. Colpiti nel vivo della questione devono ammettere, ancora una volta, che il mistero di quell’Uomo è ancora tutto da scoprire: “Furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: ‘Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?’”. E tutto per una tempesta.

Sant’Agostino commenta: “Quando sorge una tentazione è come il vento; tu sei agitato, c’è la tempesta. Sveglia Cristo: parli egli con te. Chi è mai costui, dal momento che anche il vento e le onde gli ubbidiscono?. Chi è costui al quale ubbidisce il mare? Suo è il mare e lo ha creato proprio lui. Tutto è stato creato per mezzo di lui. Tu imita piuttosto i venti e il mare: ubbidisci al Creatore. Il mare dà ascolto al comando di Cristo e tu sei sordo? Il mare ascolta e il vento cessa, e tu ancora soffi? Come mai? Parlare, agire, macchinare inganni: che cos’altro è questo se non continuare a soffiare e non voler cedere all’ordine di Cristo? Cercate di non lasciarvi abbattere dalle onde nel turbamento del vostro cuore. Tuttavia, siccome siamo uomini, se il vento ci stimolasse [al male], se eccitasse le cattive passioni dell’anima nostra, non dobbiamo disperare. Svegliamo Cristo affinché possiamo fare la traversata del mare [della vita] nella calma e arrivare alla patria”.

Arriva il momento della grazia di questa obbedienza, arriva il momento dello stupore per il dono della Sua presenza, arriva il momento di quella pace che non ci lascia mai tranquilli. E tutto, spesso, grazie a una tempesta.

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