Un passaggio fra i più incisivi delle prime Considerazioni finali del Governatore Fabio Panetta – scorse un po’ frettolosamente dai media – ha riguardato l’assoluta necessità di allargare e accorciare il canale di collegamento fra il risparmio delle famiglie (italiane, europee) e le nuove esigenze di grande investimento che si stagliano davanti. In qualche titolo il tema è stato ripreso come pressing di Panetta – tornato a Roma dopo un lungo servizio alla Bce – per la creazione di un “mercato unico dei capitali”: figura tecnica ma dal forte e sostanziale significato politico. Tanto più dopo che il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, alla vigilia dell’euro-voto ha già fornito una cifra importante: 600 miliardi di euro.
È un valore vicino a quello del Recovery Plan, declinato in 27 Pnrr: ma con una differenza fondamentale. La strategia-bis di resilienza – a pandemia superata, ma ancora in piena crisi geopolitica – vuole infatti attingere programmaticamente ai risparmi di 500 milioni europei: non più, anzitutto, alle risorse fiscali. E questo vale a maggior ragione per un Paese come l’Italia, che assieme al primato negativo del debito pubblico ne mantiene uno positivo per stock di ricchezza finanziaria delle famiglie e propensione al risparmio. Per questo Panetta ha voluto essere franco al suo esordio in un 31 maggio.
“Sarebbe illusorio – ha detto il Governatore – pensare di finanziare l’enorme volume di investimenti necessari per la competitività dell’economia europea senza un preponderante apporto del risparmio privato e senza la professionalità degli intermediari. Creare un mercato dei capitali europeo è dunque essenziale. […] Al fine di trattenere il risparmio domestico e attrarre risorse internazionali, è necessario un mercato dei capitali europeo integrato, efficiente, liquido, all’avanguardia tecnologica, in grado di allocare il risparmio nelle mani degli imprenditori più capaci”. È un messaggio a tutto campo: ai detentori del risparmio privato e ai loro gestori professionali sul mercato bancari e non; e poi alle imprese (soprattutto medie e grandi) che devono prepararsi alle opportunità che verranno offerte dal nuovo “mercato unico”.
Non è mancato – da parte del numero uno di via Nazionale (membro del “consiglione” di Francoforte) – un messaggio forte in direzione delle istituzioni politiche (in Italia e in Europa): va creato “titolo pubblico europeo privo di rischio”, cioè gli eurobond; e va completata l’Unione bancaria. “Il settore creditizio rimane frammentato lungo linee nazionali: manca un fondo europeo di garanzia dei depositi, il sistema di gestione delle crisi bancarie è incompleto e rimangono ostacoli al trasferimento di capitale e liquidità dei gruppi bancari tra Paesi. Dato il ruolo centrale delle banche in tutti i segmenti del mercato dei capitali, è difficile immaginare un mercato integrato se esse non possono operare efficacemente in tutta l’area dell’euro”.
I compiti sono assegnati e l’Europa non dovrà attendere molto per mettersi al lavoro: solo qualche settimana, dopo il ridisegno della governance Ue dopo il voto di rinnovo dell’europarlamento che si concluderà domenica.
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