L’Europa si trova a un crocevia storico ed è chiamata ad adattarsi a un mondo in rapida evoluzione. La fine della globalizzazione, la transizione verso un mondo post-globale e lo sviluppo tecnologico stanno rimodellando il panorama economico, politico e sociale, ponendo questioni cruciali per il suo futuro.
La globalizzazione, che ha dominato l’economia mondiale negli ultimi decenni, è ormai giunta al termine. Si prevede che il 25% del commercio mondiale sarà ricollocato localmente, riducendo la dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali. Il commercio tra alleati geopolitici è cresciuto del 4-6% rispetto a quello con gli avversari geopolitici dopo l’invasione dell’Ucraina. Parallelamente, stiamo assistendo alla fine del neoliberismo, con un modello economico non più fondato esclusivamente sul libero mercato, ma caratterizzato da un ruolo sempre più attivo del settore pubblico. Siamo dunque in periodo in cui occorre rafforzare antiche relazioni e costruirne di nuove, e questo è possibile farlo a livello di unione e non di singoli Stati.
La dimensione dello Stato in Europa è infatti diventata sempre meno influente sullo scenario mondiale. Gli Stati non sono più in grado di governare efficacemente i fenomeni che li travalicano, poiché i problemi odierni non hanno una dimensione strettamente nazionale. Questo è il secondo fattore che rende oggi l’Unione europea (Ue) ancor più necessaria. Agire come unione non significa rinunciare all’idea di Stato sovrano, che rimane uno dei pilastri dell’ordine europeo. Dopo la fine dell’Impero romano, il pluralismo è diventato una caratteristica determinante dell’ordine europeo. Pur essendo riconoscibile come un’unica civiltà, l’Europa non ha mai avuto un governo unico, e ha tratto profitto dalla propria diversità. Il pluralismo si è affermato nella pace di Vestfalia del 1648, dove si sancì che lo Stato, e non l’impero o la dinastia, era il mattone fondamentale dell’ordine europeo. Occorre chiedersi cosa oggi può davvero salvaguardare la sovranità dello Stato: procedere come singolo Stato o come Stato europeo?
Non solo gli Stati hanno bisogno dell’Europa, ma anche la stessa Europa ha bisogno di relazioni internazionali solide. Attualmente, l’Ue rappresenta il 5,7% della popolazione mondiale. Negli ultimi due decenni, il peso dell’Ue sul Pil globale è sceso dal 26% al 18%, mentre quello degli Stati Uniti è rimasto pressoché invariato al 26% e quello della Cina è quadruplicato. Vent’anni fa, la competitività europea era pari a quella americana, ora è circa il 65%. Inoltre, l’Europa è un continente trasformatore e non produttore di energia, che costa tre volte di più che negli Usa, e ha una minore propensione all’innovazione tecnologica rispetto a Usa e Cina. Anche il vecchio modello di sviluppo tedesco che ha trainato per molto tempo l’Ue è stato ridimensionato. Questo si basava su tre pilastri: energia a basso costo dalla Russia, difesa garantita dagli Usa, ed esportazioni in Cina. Tutti questi elementi sono ora messi in discussione a causa dei recenti rivolgimenti geopolitici.
Nonostante queste sfide, L’Ue può ancora vantare punti di forza. L’Europa ha uno dei sistemi di welfare più avanzati e attenti alla persona, fondato sul principio di sussidiarietà, e un tasso di disuguaglianza minore rispetto al resto del pianeta. Se consideriamo i dati aggregati dell’Unione europea in termini di economia, capacità produttiva e commerciale, i numeri sono ancora lusinghieri. Inoltre, negli ultimi cinque anni, l’Ue si è affermata come l’istituzione più sensibile alle tematiche ambientali e di sostenibilità, con iniziative come il Green New Deal, Fitfor55, RepowerEU e NextGenEu. Anche il ruolo della Banca centrale europea (Bce) è stato cruciale: tra il 2020 e giugno 2022, la Bce ha effettuato acquisti netti di titoli del debito pubblico italiano per 363 miliardi di euro, abbassando i tassi di interesse e il costo di finanziamento per lo Stato. Il mercato interno continua a essere il riferimento principale per molti Paesi europei: più del 50% dell’export italiano avviene nell’Ue.
Tuttavia, l’Europa deve affrontare alcune sfide cruciali: demografia e immigrazione sono questioni urgenti, dato che l’età media nel 2040 sarà di 49 anni (rispetto ai 46,4 di oggi e ai 40,98 del 2000) e la popolazione over-65 passerà dal 23,5% del totale nel 2021 al 34,9% nel 2050, comportando una riduzione importante della forza lavoro nei prossimi anni. Altre necessità sono la difesa e la politica estera comune, una maggiore condivisione delle risorse e del capitale umano, e una politica industriale comune.
In questo contesto, la sussidiarietà avrà un ruolo ancora più importante, promuovendo una collaborazione virtuosa tra vari soggetti istituzionali, corpi intermedi e comunità pensanti. La cooperazione tra Stati membri e l’adozione di politiche comuni sono essenziali per affrontare le sfide future e mantenere il ruolo dell’Europa come attore globale influente. Nonostante le difficoltà, l’Europa ha ancora le risorse e la capacità di rinnovarsi e svilupparsi in questo nuovo contesto globale.
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