Il segreto per non dubitare

Gesù inviò i sui amici ad annunciare il Vangelo. Non da soli, ma a due a due. E con la leggerezza che viene dal sapere che il peso maggiore lo porta Lui

Il consiglio che diede agli amici – ormai in procinto di partire per il lungo viaggio dell’evangelizzazione, viaggio tuttora in corso – fu il più semplice che si possa dare a dei viaggiatori inesperti: “Portatevi solo l’indispensabile, che tutto il resto appesantisce e basta”. Consigliò la leggerezza come bagaglio per andare lontano: “Ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura”.

Vivere e attraversare il mondo con leggerezza, però, non significa esser delle persone leggere: significa, piuttosto, scegliere il sorriso come cartina di viaggio dentro un mondo imbronciato e con il muso lungo. Un mondo allergico al sorriso al quale verrà sempre più comodo scambiare la leggerezza degli amici di Cristo con una più familiare superficialità: la gente pesante, da quant’è pesante, pensa che la pesantezza sia sinonimo di profondità di pensiero!

Per questo Cristo, agli amici, raccomanda la leggerezza: e ritrovare la leggerezza, dentro il mondo delle cose pesanti, è un lavoraccio. È il lavoro che Dio riserva per se stesso: “La leggerezza è un dono di Dio. Nella leggerezza c’è più verità, più morale, più spirito” (Milena Jesenská). Per questo quando inviò gli amici nel mondo si preoccupò che non si portassero appresso pesi inutili: “Quello che vi serve, l’essenziale: che al resto ci penserò io. Anzi: ci ho già pensato prima ancora che vi metteste in cammino” avrà detto loro più con lo sguardo che con le parole. Andranno nel mondo a semplificare il mondo.

Senza nessuna parola da pronunciare, tra l’altro: non hanno un messaggio da consegnare, una busta da far recapitare, una parola da proclamare come gli antichi profeti, facente funzione di ambasciatori. Nessun discorso, nessunissima omelia preparata (o fotocopiata), nessun appunto per non dimenticarsi qualcosa di quel che avrebbero dovuto dire. Semplicemente “scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano”. Proclamavano, certo, il bisogno di convertirsi a Dio, ma non con le parole: con i gesti, con l’esempio, mettendoci la faccia all’occorrenza. Nell’occasione della malattia, ch’è sempre la più grande occasione del diavolo di mandare in pensione Dio e le sue bellissime parole, la sua strepitosa voglia di amare l’uomo ch’è andato in frantumi.

I Dodici amici, gli amici primordiali di Cristo, somiglieranno alle parentesi della grammatica: pure loro, nella pesantezza di certe vite, tenteranno di portare la leggerezza con il tocco sanante della presenza di Cristo. A fregarli – stiano attenti gli amici – sarà sempre l’orgoglio: “Ci penso io!”. Loro, però, saranno soltanto il dito, mai la luna: sarà la loro piccolezza, capace di fare cose inimmaginabili, a rendere immensa la potenza di Dio. “Mai sottovalutare, figlio mio, chi vive con leggerezza: spesso trasporta nel suo cuore pesi che nemmeno immagini” temo abbia detto, tra le stradine di Nazareth, la Madonna al suo Gesù adolescente. Da grande, dunque, riprese da dove mamma l’aveva lasciato: dalle parentesi. Dalla leggerezza.

Il discorsi sono vietati, insomma: li riconosceranno da come si comportano o non li riconosceranno affatto. Unico distintivo è quell’andare mai da soli, uno a uno: “Prese a mandarli a due a due”. Piccolissimo particolare d’una immensità fuori misura: trovarsi da soli, quando le cose non andranno per il verso giusto, è correre anche il rischio di dubitare dell’affidabilità della propria missione. Quando capiterà, perché capiterà, l’altro amico di cordata farà da promemoria di quella promessa che, da sola, sarà in grado di rimettere in piedi il mondo intero: “Non ti ho detto che io sarò con te fino alla fine dei giorni? Ti sei già scordato?”.

È che da certi incontri non si può tornare indietro: si può solo andare avanti, insieme. Il viaggio, comunque, non sarà al massacro, c’è un limite a tutto: “Se in qualche luogo non vi accogliessero, andatevene” (cfr Mc 6,7-13). Non c’è felicità senza libertà, anche del rifiutare. Resta, però, un fatto: quando assaggi la leggerezza diventa difficile, poi, non sentire che tutto il resto è diventato improvvisamente di piombo.

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