Piove a San José, capitale della Costa Rica. In questo periodo dell’anno piove sempre dopo l’una del pomeriggio. Ma più che piovere diluvia, è come se il cielo volesse mettere in chiaro che non ha limiti. E mentre diluvia H. crea dei rosari con le sue grandi mani: mette delle perline colorate su un filo di plastica.
H. è uno delle centinaia di esuli politici e religiosi causati dal regime di Daniel Ortega e di sua moglie Rosario Murillo che governano in Nicaragua. È una delle dittature più crudeli dell’America Latina. Una sorta di stalinismo dei Caraibi.
H. era parroco in una città di medie dimensioni quando iniziarono le proteste del 2018, represse dal regime col sangue di oltre 300 morti. I giovani, i contadini, gli operai che scesero in piazza per chiedere la libertà finirono per rifugiarsi in molte chiese del Paese. La Chiesa cattolica è diventata l’unica voce libera in Nicaragua e ha pagato per questo con più di 700 attentati, con preti e vescovi arrestati arbitrariamente ed espulsi, università chiuse, ordini religiosi cancellati. Perfino le suore di Madre Teresa di Calcutta sono state costrette ad andarsene perché accusate di detenere armi.
H. aprì la sua parrocchia e la sua chiesa divenne letteralmente un ospedale da campo: i feriti furono adagiati sulle panche e su di esse furono eseguite le prime cure. Da allora H. è stato sottoposto a intense torture: minacce di morte, gravi limitazioni alla libertà di movimento, false accuse di abusi sessuali. H. non ha voluto aiuto psicologico, ma ha bisogno di sonniferi, nei suoi incubi ritorna ai giorni difficili.
Perché lo ha fatto? Risponde che non aveva alcun intento politico, ma che quando la gente cercava sostegno perché veniva massacrata, come prete non poteva stare fermo. H. era stato un buon parroco, un sacerdote tranquillo e insignificante per il potere, finché la lotta per la libertà non bussò alla sua porta. Finché la realtà non gli fece capire che essere prete era molto più di quello che aveva pensato fino a quel momento.
Mentre V. parla non piove ancora perché racconta la sua storia di mattino. È una giovane donna, una delle leader della protesta. Vive nascosto dal 2018, con false identità. Fino a quando non ha avuto altra scelta che fuggire dal Nicaragua. Soffre di ansia e, nonostante sia molto giovane, ha la pressione alta. Perché lo ha fatto? Dice per convinzione, perché non si può vivere sotto un tiranno come se nulla stesse accadendo.
E. racconta la sua storia, sono le due del pomeriggio, ha già cominciato a piovere. Era un alto funzionario del ministero della Salute nel 2018. Si è rifiutato di partecipare alla repressione. Lo hanno chiamato traditore. Lo hanno internato nella prigione di Chipote, una delle più crudeli del mondo. Lo hanno messo in una cella di due metri per tre e lo hanno torturato mentalmente e fisicamente. Il suo fegato è distrutto e soffre gravemente per un calcio ai testicoli. Perché lo ha fatto? Dice che non poteva restare in silenzio di fronte a un potere bugiardo che massacrava gli innocenti.
H., V. ed E. sono stati un buon prete, una buona studentessa e un buon funzionario del potere finché la realtà non ha bussato alla loro porta sotto forma di abusi e soprusi. Poi è arrivato il diluvio: una sferzata di energia che ha un’origine misteriosa, che affonda le sue radici in un valore di dimensioni insondabili.
Gli uomini rinunciano alla libertà solo quando mancano di stima per se stessi.
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