Piccole comunità pensanti possono dare il loro contributo al rinnovamento della cultura e della vita riflettendo, dialogando, interrogando studiosi di livello internazionali su grandi temi di attualità. È l’esperienza della redazione di Nuova Atlantide rivista di cultura civile della Fondazione per la Sussidiarietà.
Riflette il sociologo e filosofo Edgar Morin: “Ora siamo al cuore della crisi e la crisi è nel cuore dell’umanità”. La faccia del mondo è solcata da mille rughe. Sono faglie che annunciano e denunciano la drammatica complessità del tempo che stiamo vivendo. Due grandi guerre in corso, un numero non meglio precisato di conflitti regionali colpevolmente trascurati, i modelli di democrazia a dir poco claudicanti, gli imperi indeboliti che anticipano processi di trasformazione ancora nebulosi da interpretare, eccola qua la brutta fotografia che pesa come un macigno nella vita reale. In una visione delle cose segnata solo da un impianto narrativo distopico saremmo partecipi di una corsa disperata verso uno svuotamento del mondo e perciò una resa incondizionata dell’umano.
L’immagine è forte e per non pochi il destino è quello: le faglie che si allargano e l’uomo che precipita dentro quelle fratture. Dice il filosofo Byung – Chun Han: “Abbiamo perso il contatto con il reale. È necessario tornare a rivolgere lo sguardo alle cose concrete, modeste e quotidiane. Le sole capaci di starci a cuore e stabilizzare la vita umana”.
È una bella sfida quella di tornare a rivolgere lo sguardo alle cose concrete nell’ingombrante e debordante stagione dell’instabilità e della narrazione distopica. E il contatto con il reale è questione che attiene alla conoscenza, alle domande sensate che si fanno materia viva. E dunque cultura. Nel suo piccolo è questo che prova a fare “Nuova Atlantide”. Senza prendere scorciatoie, senza cercare rifugio in letture consolatorie, senza far propria la tentazione di cedere alla logica della soluzione a portata di mano. “Nuova Atlantide” è un’ipotesi che cammina. È un luogo che respira, che non tiene a distanza quella faccia del mondo solcata da innumerevoli faglie.
Quel che la rivista periodicamente produce è il risultato di pensieri che si incontrano prima di tutto negli appuntamenti quindicinali della redazione, di incontri curiosi che aprono a relazioni interessanti, di legami che, in modo inaspettato, vengono a formarsi però mai a definirsi una volta per tutte.
Quando la nostra pubblicazione ha ripreso a navigare in mare aperto (qualcuno rammenterà che in precedenza la rivista si chiamava “Atlantide”) nel dicembre del 2020 il mondo aveva da parecchi mesi la febbre altissima, una condizione di paura generalizzata causata dalla pandemia da Covid-19. Nell’editoriale del primo numero ci indicavamo lo scopo di quella “nuova” navigazione, pur nell’oggettività della burrasca: “L’obiettivo di Nuova Atlantide non è stabilire dei confini, ma aprirsi a un dialogo franco e leale muovendo da ipotesi di lavoro e percorsi culturali continuamente verificati. La pubblicazione proverà a favorire la comprensione dei temi che più impattano sulla vita di tutti e dove i contributi siano frutto del rapporto con personalità di diversa estrazione e disciplina, che operano in Italia come in contesti internazionali (…). Ciò che vogliamo esprimere è il valore di una cultura in ‘movimento’, generatrice di incontri e ipotesi di cambiamento”.
Ecco perché, anche con “Nuova Atlantide”, scommettiamo sulla novità della cultura sussidiaria proprio in quanto cultura in movimento. La rivista provoca a tenerne conto, a farne oggetto di riflessione dentro le urgenze del quotidiano, nelle ordinarie come nelle straordinarie vicende della vita. Nell’epoca delle parole d’ordine, del divisivo quotidiano, ecco che “Nuova Atlantide” sperimenta nel suo laboratorio artigianale, piuttosto, la qualità delle parole che muovono, perché vive, perché così aggrappate a pensieri vivaci, fertili, provocanti. Insomma, a pensieri inclusivi, eruttivi, liberanti.
Oggi il mondo scalfito dalle faglie è la rappresentazione della sfiducia generalizzata. È il trionfo degli… slegami. È la caduta nell’individualismo che determina il progressivo annullamento dell’altro come risorsa. Il mondo oggi pratica la pervicace delegittimazione di chi è diverso da me. È la cultura della guerra, del conflitto eretto a sistema. Un gioco assai pericoloso. Ricordate l’Hitler del “Grande dittatore” di Charlie Chaplin che palleggiava con il mappamondo esempio tragico dell’ideologia nichilista, individualismo all’ennesima potenza? Adesso non siamo così lontani da quella scena. I palleggiatori non mancano proprio. E, come allora, non siamo dentro un film.
“Nuova Atlantide”, dunque, non si smarca da questo mondo ferito. Vuole guardarci dentro, conoscere, analizzare, domandarsi, incontrare. Sconfinare sempre. Cioè: alimentare un modo di pensare costruendo e di costruire pensando. D’altronde non può che accendersi così una rivista di cultura civile, che non persegue l’inimicizia come criterio per affermare le sue vie, che tradisce una certa simpatia per la persona e le comunità. Un tradimento a fin di bene. Di bene comune.
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