Domani apre ufficialmente i battenti la XLV edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini. Il tema di quest’anno si esprime in una domanda per niente scontata: “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora che cosa cerchiamo?”.
La ricerca di cui parla il titolo non è qualcosa di filosofico, ma si riferisce a ciò che rende possibile la vita. Se non siamo alla ricerca di qualcosa che renda possibile amare, gioire, fare la pace, educare o lavorare, allora che cosa ci interessa? Normalmente la risposta che la cultura dominante offre a questo interrogativo è molto chiara: l’uomo deve cercare qualcosa che non lo disturbi. Per alcuni le guerre devono chiudersi velocemente per tornare a un livello accettabile di benessere, per altri le grandi questioni del nostro tempo devono essere superate per riportare il mondo nel perimetro dell’individualismo, dove ciò che conta sono le emozioni e i desideri dei singoli.
Si capisce bene che, in primo luogo, l’essenziale è Qualcuno che ci disturbi, Qualcuno di vivo. Ciò che rende possibile vivere ogni particolare e ogni aspetto dell’esistenza è una Presenza capace di perdonarci, di abbracciarci, di farci ripartire. Questa Presenza non è una visione angelica, ancorata a un inquietante razionalismo, ma si concede nella storia grazie alla parola “comunione”. L’essenziale, in seconda battuta, è un popolo cui appartenere, un’unità da ricercare e da perseguire. Solo dentro la storia di un popolo le nostre storie di insegnanti, di imprenditori, di malati o di peccatori possono davvero fiorire. Quando ci manca qualcosa, ci manca sempre una comunione in cui condividere il desiderio del cuore, in cui vivere senza esitazioni quelle domande che dispiacciono al mondo perché risvegliano tutta la forza e l’imponenza del nostro essere uomini.
L’essenziale, infine, è il lavoro su di sé, quel dinamismo per cui uno si mette in moto e si fa cambiare da quello che sente e da quello che c’è. Senza questo lavoro ogni presenza diventa impalpabile, ogni comunione resta come uno sfondo. Se l’uomo non dice io, si condanna alla menzogna. Le parole diventano pure lettere e allora “noi” non ci turba, “tu” non ci commuove. E l’io diventa pura ideologia, esasperato soggettivismo in cui ciascuno smette di imparare, continuando a ripetere quello che già sa.
È per questo che il verbo che accompagna il titolo del Meeting è “cercare”: perché la serietà verso sé stessi è da cercare, la presenza di un Altro è da cercare, la comunione è da cercare. Nessuno possiede ciò che è essenziale, nessuno è padrone di ciò che lo salva. Il popolo del Meeting si mette in cammino col desiderio di scommettere il proprio tempo, la propria ragione e il proprio cuore su qualcosa che l’uomo aspetta da sempre, ma che è sempre nuovo, sempre imperscrutabile Mistero.
Sarà bella la strada di coloro che accetteranno di vivere le giornate di Rimini, di persona come in streaming. Sarà bello chi si incontrerà ai tavolini di qualche bar o negli spazi meno attesi. Sarà bello perché tutti coloro che frequentano il Meeting sanno che esiste un programma scritto, reperibile sul sito e decisivo per la strada di ognuno. Ma poi esiste anche il programma che non ti aspetti, quello che ti sorprende, quello che ti mette con le spalle al muro e ti fa dire – non senza un po’ di commozione – “se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora che cosa io sto cercando?”. È una domanda senza sconti, la domanda da cui parte – in modo sorprendente – il Meeting di tutti.
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