Fa più volte professione di umiltà, André Candiard, durante la sua terza partecipazione come relatore al Meeting di Rimini. Il domenicano che vive al Cairo, celebre per le sue riflessioni sul cristianesimo, si presenta in fiera confessando una certa ignoranza circa il pensiero di don Giussani. Sembra quasi una confessione di modestia perché il giovane pensatore dimostra – invece – di conoscere attentamente i cardini del pensiero del fondatore del movimento di Comunione e Liberazione e di rivisitarli in modo attento e creativo. Chiamato a commentare il titolo di questa quarantacinquesima edizione – “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?” – Candiard ha suscitato molteplici riflessioni che potrebbero essere sintetizzate attorno a tre parole: ragione, ricerca, società.
Il primo rilievo del pensatore francese riguarda la ragione e la necessità di riscoprire continuamente la ragionevolezza della fede. È una delle prime grandi intuizioni di Giussani, che rispondeva con forza a coloro che riducevano l’esperienza del credere ad un soggettivismo o ad un fenomeno sentimentale. Senza l’uso della ragione, al cristiano è impossibile abitare la sfera pubblica perché è nella ragionevolezza che gli uomini si incontrano. Allo stesso modo negare l’aderenza del fatto cristiano alla ragione significa – da parte della società contemporanea – precludere all’Io, alla gente, l’esperienza del mistero. Una fede senza ragione annichilisce, un mondo senza ragione impazzisce.
Candiard, tuttavia, non parla soltanto di ragione, ma prende in mano il titolo del Meeting e osserva che tutti sono portati a mettere a fuoco la parola essenziale, a domandarsi che cos’è questo essenziale, mentre il tratto decisivo del percorso di quest’anno è la ricerca. La ricerca non è solo ciò che ci permette di arrivare alla fede, ma è anche ciò che ne segna la forza e il successivo sviluppo. La fede, infatti, non è una conquista che ci mette al riparo da tutto, ma è – al contrario – l’inizio di un cammino. Il dubbio, in questo nuovo tratto di strada, non riguarda le domande sull’esistenza di Dio o sulle verità della fede, ma sulla strada migliore per seguire quel Cristo che mi ha cambiato la vita.
È qui, in un crescendo di coinvolgimento con la platea dell’auditorium, che Candiard introduce la sua riflessione sulla società. È un pensiero noto del domenicano del Cairo, un pensiero che è diventato molto conosciuto in quanto in antitesi alla famosa “opzione Benedetto”, frutto di una lettura distorta della regola di san Benedetto: tale opzione vorrebbe il cristianesimo organizzato in piccoli fortini in cui si trasmette la fede, si praticano le buone opere e si attende il tramonto della società occidentale.
Candiard non nega il fatto che ci troviamo in un mondo al tracollo e che l’impegno dei cristiani deve essere questa continua ricerca dell’essenziale, ma va oltre e afferma che tutto questo deve diventare un impegno nel mondo. Don Giussani avrebbe detto “nell’ambiente”: è lì che i cristiani sono chiamati ad investire le loro forze, la loro creatività, la loro capacità di vivere il dolore e l’amore.
Dal Meeting di Rimini parte l’appello ad una nuova stagione di testimonianza, di incontro, di accoglienza, di gratuità. “Mi può vendere Dio?” è l’espressione che il giovane pensatore domenicano condivide con il pubblico. Si tratta di un aneddoto, di una provocazione di una giovane signora. Ma anche, e soprattutto, di un desiderio che è proprio di tutti gli uomini. Per Candiard il Meeting non è un posto dove uno riparte con le idee e le sensibilità con cui è arrivato, ma è un posto dove avviene un reale cambiamento. Quel cambiamento che segna per sempre il cuore ogni volta in cui accade un incontro.
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