Stiamo vivendo un periodo di profondi cambiamenti nell’ordine globale e che comportano sfide profonde per la politica economica. Un sistema di libero mercato globalizzato, con multinazionali che hanno bilanci più imponenti di quelli degli Stati; in cui le grandi aziende del digitale giocano un ruolo di orientamento delle opinioni.
In sintesi, la politica ha ceduto il passo alle logiche del mercato. I Governi fanno sempre più fatica a esprimere la loro visione di politica economica. Ma il bisogno di mantenersi e di avere una vita dignitosa non può essere sottoposto al ricatto del mercato.
La finanziarizzazione perde di vista l’economia reale e il lavoro. Occupati a muovere capitali, sembra ci si dimentichi chestato sociale e capitale umano siano fattori fondamentali dello sviluppo.
Diversi economisti, tra cui il premio Nobel Ester Duflo, hanno rimarcato la necessità di pensare allo sviluppo in termini di fiducia e inclusività, criticando i modelli top-down e valorizzando quelli bottom-up.
Una giusta ricchezza però non si fonda sulla soddisfazione di desideri effimeri. C’è bisogno di tornare a un’economia reale, che superi anche il modello capitalista iper-liberista basato sulla ricchezza finanziaria, mettendo in moto un circolo virtuoso che porti ricchezza a tutto il sistema-Paese, eliminando le grandi disuguaglianze sociali.
Secondo il rapporto Istat, in Italia la trasmissione delle condizioni di vita sfavorevoli tra genitori e figli è particolarmente forte e aumenta nel nostro Paese più che altrove in Europa. Come documenta il Rapporto sulla sussidiarietà in uscita in autunno, povertà e disuguaglianza aumentano in Italia nonostante il sistema di welfare universalistico. Esso va considerato una conquista di civiltà da tutelare, ma anche da riformare, visto l’aumento dei bisogni, e vista anche la fragilità crescente del tessuto sociale.
Per ricostruire coesione, fiducia e quindi partecipazione alla vita pubblica, lo Stato sociale va riformato in modo che possa svolgere la sua fondamentale funzione: quella di implementare “beni meritori” in grado di riconciliare il breve periodo con il lungo. Il Welfare State ha come finalità l’equità e l’implementazione dei “beni meritori” (beni indispensabili che non rispondono a criteri di mercato), la difesa economica dei cittadini nelle situazioni di rischio calcolabile e incertezza intrinseca. Tale sistema è anche garante dei diritti, primo dei quali il diritto di uguaglianza delle opportunità, fin dalla nascita e senza discriminazioni; promuove e garantisce i doveri di reciprocità sociale e di partecipazione alla vita economica. Rispetto al passato, c’è oggi una maggiore consapevolezza del fatto che sistemi di protezione sociale forti e ben organizzati svolgano una funzione fondamentale, oltre che nel rispondere ai bisogni di salute, assistenza, educazione, previdenza, anche nel costruire società coese ed economie solide.
condizioni di povertà da piccoli ha effetti a catena fortemente negativi: uno studio dell’Ocse ha evidenziato che già a 5 anni, provenire da contesti familiari con uno status socio-economico più elevato si traduce in un vantaggio di 12 mesi nei livelli di alfabetizzazione, ovvero nelle capacità di lettura e scrittura che un bambino acquisisce nell’età pre-scolare (tra i 2 e i 5 anni).
Investire sullo stato sociale è il primo modo per garantire uno sviluppo diffuso e duraturo e per non interrompere il rapporto solidale tra generazioni.
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