“Occhi puliti dalle lacrime”

Quando Cristo ha pianto, dice il Papa, ha capito i nostri drammi, e si è mosso per colmare la voragine di desiderio che ci anima

Quando siamo piccoli non ci facciamo troppi problemi e, se c’è qualcosa che non va, scoppiamo a piangere davanti a tutti, cercando il volto dei genitori. Spesso basta che ci prendano in braccio e tutto passa, malessere o capriccio che sia. Papà e mamma fanno di tutto, e imparano i segreti perché il pianto duri poco. Poi si cresce, la vita si complica, e persino la presenza dei genitori non è in grado di risparmiarci sfide e strappi. Diventiamo un mistero anche per loro, che pure ci vedono ogni giorno, e sono spettatori dell’ingrandirsi del nostro cuore fino alle dimensioni dell’infinito. I linguaggi non si incontrano più facilmente come prima, e chissà quante volte avrebbero preferito vederci ancora piangere per avere la conferma che c’è qualcosa che non va e che si può risolvere.



E invece nessuno capisce cosa succede. Un essere misterioso si aggira per casa. A volte, però, capita che i genitori si decidano a osservare i propri figli con stupore. Affinano lo sguardo per non perdersi i dettagli, custodiscono i silenzi per non forzare il cammino e rilanciare sempre la loro libertà, vivono con più intensità la loro vita sapendo di essere sempre curiosamente osservati. Arriva così il giorno in cui i figli intuiscono che papà e mamma non sono diventati due estranei, e che per loro i figli non sono un problema da risolvere o una presenza da gestire. Succede persino che ricomincino a piangere senza vergogna, che chiedano aiuto senza timori, che li guardino con il segreto desiderio di invecchiare come loro.



Cristo, con noi, ha percorso la stessa strada, come ha detto anche il Papa: “Solo quando Cristo ha pianto ed è stato capace di piangere, ha capito i nostri drammi”, perché “certe realtà si vedono solo con gli occhi puliti dalle lacrime” (Viaggio apostolico nelle Filippine, 18 gennaio 2015). Più entriamo nel cuore del nostro umano più ci accorgiamo della voragine di desiderio che ci abita. Gesù stesso ha voluto attraversare tutto il nostro dramma perché scoprissimo che non è un inconveniente da sistemare, ma un’avventura da intraprendere. Il Vangelo di questa domenica ci rivela che non è stato senza strappi neppure il rapporto tra Cristo e i suoi, fino a quella provocazione perentoria: “Volete andarvene anche voi?”. Chi avrebbe potuto rispondere se non colui che sarebbe “scoppiato in pianto” appena dopo averlo rinnegato pubblicamente per tre volte? “Gli rispose Simon Pietro: ‘Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio’”.



All’apostolo delle lacrime Gesù affida la sua Chiesa, come a mostrare l’indispensabilità della capacità di commozione, per le proprie e altrui mancanze, per poter indicare la strada a tutti. Sappiamo, infatti, quanto pericolosi siano quegli uomini che guidano gli altri in nome del potere o della propria autorità (che dura il tempo che dura), per questo Cristo introduce un altro metodo, anche se spesso non capito.

Nel romanzo La tunica, pubblicato per la prima volta nel 1942, c’è un passaggio in cui si descrive bene questa incomprensione. Il tribuno militare Marcello Gallio viene mandato a presiedere le truppe di frontiera a Gerusalemme, la città governata da Ponzio Pilato. Durante la sua permanenza nella Città Santa, Marcello viene incaricato di eseguire la sentenza di crocifissione per tre pericolosi ribelli, uno dei quali è un certo Gesù di Nazaret. Dopo la morte del Nazareno, Marcello gioca ai dadi e vince la sua tunica, ma Demetrio, il suo schiavo, lo avverte: quella veste era di un uomo giusto. Proprio Demetrio, un giorno, finalmente riesce a vedere Gesù.

“Lo assillava il ricordo di quegli occhi supplichevoli che avevano incontrato per pochi attimi il suo sguardo sulla strada di Gerusalemme. Per ore aveva meditato, cercando di definirli, ed era giunto alla conclusione che si distinguevano da tutti gli altri per un loro strano senso di solitudine” (Lloyd Cassel Douglas, La tunica, Castelvecchi, 2012, p. 90). Questo “strano senso di solitudine” il Creatore l’ha accuratamente posto in ogni cuore umano, perché vibrasse a ogni cenno della Sua presenza che solo “occhi puliti dalle lacrime” riconoscono.

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