De Gasperi è stato uno dei protagonisti del Meeting di Rimini di quest’anno con la mostra Servus inutilis organizzata in occasione del 70° anniversario della sua morte. Angelino Alfano, presidente della Fondazione De Gasperi, ha sottolineato che lo statista ha molto da dire alla società di oggi. Cosa dice agli europei di oggi?



Nella formidabile biografia di Antonio Polito pubblicata poche settimane fa (Il costruttore. Le cinque lezioni di De Gasperi ai politici di oggi) emerge la densità di una libertà che emanava dalla sua chiara appartenenza alla Chiesa cattolica. Un’appartenenza senza soluzione di continuità di un uomo che, proprio perché apparteneva, aveva ben viva la sua capacità critica.



De Gasperi iniziò la sua carriera politica nel 1911, giovanissimo. Lo fece come deputato nell’Impero austro-ungarico. A metà del XIX secolo e all’inizio del secolo scorso la posizione della Chiesa cattolica era apertamente antimodernista e antiliberale. Il Sillabo (1864) di Pio IX aveva condannato i principi del liberalismo politico. Pio X (Papa dal 1903 al 1914) rifiutò lo Stato liberale e optò per una restaurazione cristiana che in politica significava scarso apprezzamento per la democrazia. Per la Chiesa, come sottolinea Polito, la libertà allora non era un valore in sé. Per De Gasperi sì. Ha sempre difeso i principi dello Stato liberale, prendendo le distanze da molti cattolici e dalle autorità ecclesiali che spesso simpatizzavano con lo “Stato corporativo”, sullo stile di quello che poi divenne il regime franchista in Spagna o di Salazar in Portogallo.



De Gasperi collega il pensiero cattolico con la Rivoluzione francese. “Le libertà politiche fondamentali, insomma la base del sistema rappresentativo, furono conquistate già nel 1789 con l’aiuto dei cattolici”, scrive. E critica il “‘clericalismo’, cioè il perfetto consenso con le dottrine più reazionarie della vecchia Civiltà Cattolica, quell’identificazione, prassi e pensiero cattolico che si accorda con gli atteggiamenti più discutibili, e gli atti più contingenti dell’autorità ecclesiastica e forse con la politica del Papa Re”.

Polito ricorda come De Gasperi prenda nettamente le distanze dalla posizione assunta da Pio XI (Papa dal 1922) riguardo all’ascesa del fascismo. Pio XI era contrario alle tendenze democratiche che si andavano sviluppando nel cattolicesimo. E cercò un rapporto non conflittuale con Mussolini, contro il quale De Gasperi aveva sempre combattuto. Nelle elezioni del 1929 l’Azione Cattolica invocò la partecipazione e accettò la normalizzazione di un regime che trasformava i deputati in funzionari del regime fascista. Il fondatore della Democrazia Cristiana scriveva in quei giorni: “Insegnare a inginocchiarsi va bene, ma nell’educazione clericale bisogna imparare anche a stare in piedi”.

Polito mostra come fino al 1944 il Vaticano pensava che al fascismo potesse succedere un regime “cattolico”. De Gasperi era convinto che le organizzazioni cattoliche si fossero comportate miseramente durante il fascismo e che, dopo la Seconda guerra mondiale, fosse necessario che quel mondo fosse chiaramente democratico. Gli costò molti sacrifici e un confronto aperto con Pio XII.

Siamo ormai nel 1952. De Gasperi è presidente del Consiglio dei ministri. A Roma si tengono le elezioni amministrative. E il Papa vuole una lista comune di cattolici ed eredi del fascismo. Il Vaticano punta sul fatto che i democristiani raggiungano un accordo con la destra per formare un blocco più combattivo contro il comunismo. L’Azione Cattolica presieduta da Luigi Gedda, con tre milioni di iscritti, è l’arma privilegiata per portare a termine l’operazione. De Gasperi si oppone ai progetti del Papa. La sua famiglia è sotto pressione. Il politico gli manda una lettera e spiega perché si sbaglia. “Troppo spesso – spiega – personalità o gruppi di cattolici, verbalmente appassionati di ideali, dimenticano le difficoltà che ostacolano la loro realizzazione”.

De Gasperi minaccia di dimettersi da presidente del Consiglio dei ministri. La lista del “blocco della destra unitaria” non si presenta. De Gasperi risparmia alla Chiesa le conseguenze disastrose dell’alleanza con gli eredi del fascismo. La sua è un’obbedienza libera che fa molto bene al Papa.

De Gasperi chiede udienza a Pio XII e il Pontefice si nega. Il politico gli ricorda che il Papa ha doveri anche nei confronti del presidente del Consiglio dei ministri.

De Gasperi incarnò un’esperienza di libertà, quell’esperienza di libertà di cui abbiamo tanto bisogno.

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