David Hockney è uno dei più acclamati e anche popolari artisti viventi. Nel 1977 aveva dipinto un ritratto dei suoi genitori Kenneth e Laura seduti nel salotto di casa: dietro di loro, su una parete nuda, si vede uno specchio. E nello specchio appare in modo del tutto imprevisto la riproduzione del Battesimo di Cristo, il capolavoro giovanile di Piero della Francesca. In un altro quadro di quello stesso anno Hockney aveva ritratto Henry Geldzahler, un amico e curatore americano. Il soggetto è in piedi e ha lo sguardo puntato su un quadro: ancora una volta si tratta del Battesimo di Piero. In queste settimane i due quadri di Hockney sono esposti alla National Gallery di Londra proprio a fianco di quel capolavoro che lo aveva stregato fin da ragazzo.



Nel catalogo della mostra che ha goduto di un grande battage pubblicitario (è stata organizzata per i 200 anni della National Gallery), è contenuta un’intervista in cui, in modo molto sobrio, Hockney ha spiegato la sua infatuazione per il grande artista del Quattrocento: “Vedeva le cose in modo meravigliosamente chiaro”. È un’osservazione critica molto sottile, ma è anche espressione del desiderio di un artista che si trova a muoversi, come tutti, in un contesto molto confuso e impregnato di negatività. È un’osservazione nient’affatto scontata, perché Piero della Francesca, pur riconosciuto tra i grandi maestri della storia della pittura, soffre di un sostanziale disinteresse da parte del pubblico: la sua biografia non offre spunti per la costruzione di uno storytelling (vedi i casi di Caravaggio o di Artemisia Gentileschi) e i suoi soggetti sono dominati da una calma e da una ieraticità che rendono trasparente il mistero. Nella sua pittura non c’è mai spazio per quell’ambiguità che eccita tanto le narrazioni contemporanee in materia artistica.



Più che un risarcimento quello di Hockney può essere visto come un’aspirazione: l’aspirazione a poter rappresentare quello che genialmente Roberto Longhi aveva scritto a proposito del Battesimo di Piero: un’opera in cui non si registra “nessun contrasto, dunque tra l’uomo e le sue circostanze”. Aggiungeva Longhi: “Qui dunque pare svelarsi l’inclinazione fondamentale di Piero, quella di vedere e rappresentare il mondo come eterno e spiegato spettacolo”. Eterno e spiegato: eterno, perché la sua pittura è tesa in direzione di un tempo compiuto; spiegato, perché espresso sempre con limpidezza e con grande calma.



C’è un dettaglio in questo capolavoro tanto amato da David Hockney che è rivelatore: sullo sfondo si riconosce l’abitato di Borgo Sansepolcro, la cittadina dove Piero era nato e alla quale questo quadro era destinato (la tavola era stata commissionata tra 1440 e 1450 dall’abbazia camaldolese di San Giovanni). Nel quadro l’eterno si palesa in un luogo familiare, preciso e soprattutto presente. Grazie dunque a Hockney per averci fatto riaprire gli occhi su Piero.

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