La finestra mostra le apparenze ma la realtà è quella dietro al muro. Gesù lo dice alla sua maniera, senza usare filtri: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me“. A proposito di labbra e affini, il Cristo è ferrato in materia. Siccome nota una discrepanza tra ciò che dicono le labbra e ciò per cui il cuore batte, va dritto alla questione: “Siete bellissimi con le vostre app, usando tutta la vostra selezione di filtri sembrate delle opere d’arte. Fate, però attenzione: che per riconoscervi dal vivo servirà noleggiare un’audio guida”.



Troppo rude sembra il Maestro? Anche no, ma una semplice avvertenza: è solo chi vive di apparenze che potrà venire ingannato dalle apparenze. Non usa giri di parole Cristo per sferzare i cristiani della messa prima: “Andate dicendo con le labbra che ‘Dio è amore; Perdonaci, Signore; Datevi il segno della pace: Non guardare i nostri peccati’ e poi, appena uscite dalla chiesa: ‘Ergastolo, pena di morte, ben gli sta!, che crepi, poteva pensarci prima’”. E giù di brutto, corazzati di un’armatura da boia che le labbra hanno tentato di mascherare. “Guardate, però, che io non ci casco – ci tiene a precisare il Signore –. Io non mi fermo alla finestra, io vado a vedere che cosa c’è dietro il muro”. Non assomiglia a noi che ci fermiamo all’apparenza: Lui scende alla stazione successiva, alla sostanza.



Non c’era ancora, a quel tempo, il popolo dei social: non esisteva nel suo tempo Instagram o Facebook, eppure si capisce al volo che Cristo ammonisce circa l’uso dei filtri e degli stratagemmi vari: “Neanche si vede – pare dire – che siete la tristezza fatta carne anche se ricercate lo scatto migliore da condividere tra voi”. Non piace per nulla, insomma, al buon Dio la situazione che vede dalla sua postazione sul pulpito delle chiese: vede facciate bellissime, plastificate, di un’apparenza invitante ma dietro non c’è nulla. La casa non è mai stata finita, i soldi a disposizione sono stati tutti spesi solo per la facciata. L’ingresso, se tu lo guardi da fuori, è invidiabile, ma le stanze che ci sono dentro, quando esistono, somigliano a delle catapecchie: tutti gli sforzi sono stati spesi per la facciata, per vendere fumo, per sparare i fuochi pirotecnici e poi finire la serata morendo dal freddo perché manca la legna. Incalza: “Invano mi rendete culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini“. Le apparenze, però, ingannano chi si lascia ingannare, Cristo non è di questi: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini“. Certo che rispetta anche la libertà di chi vuole apparire: “Siete in corsa per l’apparenza? Fate buon viaggio: pronti, parvenza e via!” Lui, nel frattempo, chiede soltanto che non si confonda la pipì con la pioggia. E che non si pensi che Lui sia così babbeo da non capire.



L’apparenza, insomma incanta. T’incarta, anche, ma quando tu la scarti, ci trovi la delusione: troppi diamanti falsi in questa vita che vengono spacciati per veri. E viceversa, anche. Nessuna giustificazione: “Sono nato sotto una stella sbagliata, cresciuto in un contesto fuorviante, figlio di una famiglia fallimentare, ho un carattere asociale, il mondo fuori mi influenza da spersonalizzarmi”. Tutte scuse, a prestar ascolto ai vangeli: “Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro” (cfr Mc 7,1-23).

Nessuna scusa, dunque: ognuno si prenda le sue belle responsabilità visto che “poniamo più attenzione nel far credere agli altri di essere felici che non cercare di esserlo veramente” (F. de La Rochefoucauld). La questione, poi, che non importi a nessuno ciò che uno si porta dentro ma l’importante è quello che si vede fuori, non smuove di un millimetro Cristo dalle sue certezze: difficile, in qualsiasi tempo, fargli credere di essere ciò che realmente non si è. Si potrà anche provarci, certo. Col rischio di sentirsi rinfacciare che continuiamo a bere pessimo vino preoccupati che i calici siano di cristallo. Il trionfo di Instagram.

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