Perché dovrei prestare attenzione alla campagna elettorale americana, allo scambio di prigionieri con la Russia, al futuro del Venezuela? Non ho energia. Mi parlano della necessità di trovare il senso di tutti questi eventi, il legame che hanno con la mia vita. Mi dicono di cercare il senso di ogni cosa, di cercare ciò che è importante nell’esistenza. Ma sarò sincero: quello che cerco veramente è un po’ di sicurezza.

Sicurezza per superare la paura, per avere le idee chiare, per non dover convivere con questa ferita di solitudine che mi accompagna sempre e che non si rimargina. Mi dicono di cercare. Ho già cercato. E non mi fido di me stesso. Mi conosco: il mio desiderio è pericoloso, mi avevano già avvertito a scuola. Il desiderio è un cavallo imbizzarrito ed è necessario dargli il nome corretto, l’aggettivo giusto, il genitivo adeguato per evitare malintesi: ad esempio, “desiderio di onestà” o “desiderio di elevare lo spirito”.

Non si può desiderare qualunque cosa, non si possono desiderare tutte le cose. Ci sono desideri buoni e desideri cattivi e molte volte credo di non essere capace di distinguere. Ripeto, voglio sicurezza e non la trovo in me stesso. Ho imparato a diffidare dei miei giudizi, spesso sono troppo categorici. Ho bisogno di qualcuno con una formazione adeguata, di qualcuno a cui sia affidato il grande compito di guidare le anime, di far loro luce quando sono confuse, di certificare con la sua saggezza cos’è oggettivo e cosa non lo è. Abbiamo già visto le conseguenze del dare valore ai sentimenti. Non voglio perdermi nella soggettività dell’emotivismo. Sono figlio della generazione del ’68 e conosco le conseguenze di pretendere troppa autenticità.

Sarò chiaro, non ho complessi. Sono un uomo maturo. Ho bisogno di qualcuno che mi tenga per mano e mi tiri fuori dalla confusione, che mi dica cos’è veramente oggettivo. Abbiamo bisogno di persone con autorità. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci tolga dalle spalle un po’ della fatica di essere liberi.

Non voglio che qualcuno mi fraintenda. Abbiamo la capacità di distinguere, ma solo fino a un certo punto. Non si può esagerare. Abbiamo una natura molto danneggiata, talmente danneggiata che direi che puzza ed è sul punto di decomporsi. Molte volte, la maggior parte delle volte, siamo come gli asini: se qualcuno non ci tira la corda che abbiamo al collo non ci muoviamo.

Il mondo, ormai da alcuni decenni, è un luogo confuso. Non sai più dove sia l’est o l’ovest. Prima tutto era chiaro. Ho nostalgia della mia città. Nella mia città, quando era la mia città, non dovevamo parlare tutto il giorno del senso delle cose. Eravamo ducati e quando si è ben educati ci si occupa di questi temi solo a Natale, a Pasqua, nelle feste religiose. E poi ci si dedicava al concreto: si cercava una donna, si lavorava, si faceva politica, si facevano affari, si difendevano i confini della propria patria, si costruiva la propria patria perché senza patria non si può vivere. Si difendeva la patria perché la patria è sempre sotto assedio.

Ma c’è stato un momento in cui la storia ha preso la strada sbagliata. E non c’è altra scelta che ripercorrere quel percorso e tornare a quel punto della storia in cui tutto è andato storto. Forse è stato quando siamo usciti dal Medioevo, forse quando la modernità è diventata post-modernità, forse è stato il momento in cui hanno trionfato le rivoluzioni liberali. Bisogna lottare per riportare la storia al punto giusto, per andare controcorrente, per difendere la verità, per costruire fortezze in cui difendersi. Ma la cosa tremenda è che ho il presentimento che dopo aver fatto questo sforzo titanico, quello che succede nel mondo continuerà a non interessarmi, sarò più lontano da me stesso, più dominato dalla paura. Sarò più debole. E non avrò alcuna sicurezza.

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