Pedro Sánchez, il presidente del Governo spagnolo, ha davanti a sé un percorso politico difficile. Ancora una volta. Deve continuare a guadagnarsi il sostegno dei partiti indipendentisti catalani. E deve giustificarsi di fronte ai suoi elettori per aver concesso, in cambio del Governo socialista in Catalogna, un sistema di finanziamento speciale per quella regione. Un sistema di finanziamento che, una volta applicato, violerà uno dei principi elementari che i socialdemocratici hanno sempre sostenuto: la redistribuzione della ricchezza attraverso le tasse. Si è sempre detto che i ricchi devono pagare più tasse dei poveri. In Catalogna questo principio è destinato a scomparire.



Nel suo primo discorso dopo la fine delle vacanze, Sánchez non si è sforzato molto di giustificare l’ingiustificabile del suo accordo fiscale. E si è dedicato ad attaccare le politiche sanitarie dei governi del Pp e ad annunciare un aumento delle tasse. Il Pp ha un grande potere regionale e decide la politica sanitaria di buona parte del territorio nazionale, dato che è una materia di competenza regionale.



Sánchez ha criticato quella che definisce una “privatizzazione sanitaria”. Quando il Presidente parla di privatizzazione, parla del sistema degli accreditamenti, mediante il quale l’assistenza sanitaria è fornita da un ospedale a gestione privata che ha ricevuto finanziamenti pubblici per fornire i propri servizi. Sánchez ha agitato un vecchio schema ideologico della sinistra, che un tempo funzionava bene: la destra dà al mercato ciò che dovrebbe essere controllato dallo Stato e così genera disuguaglianza. In realtà, in Spagna, la gestione privata delle prestazioni sanitarie pubbliche non è molto rilevante: rappresenta solo il 7%.



Lo statalismo sanitario di Sánchez, dati alla mano, non ha senso. Come non ha senso sostenere, come fanno alcuni, che rendere più generalizzata la sanità privata accreditata migliori la qualità dei servizi. Gli a priori non servono a niente. Né da destra, né da sinistra. Gli sforzi compiuti per valutare i due modelli mostrano che il fattore determinante nel miglioramento dell’assistenza sanitaria non ha a che fare con la gestione pubblica o privata. Ci sono fattori più importanti: le condizioni dei contratti, il funzionamento delle istituzioni. Oltre, alla cultura dei centri sanitari. La cultura è fatta da persone. Alla fine, il modo in cui le persone che lavorano nel settore sanitario vedono il mondo e affrontano la realtà è decisivo.

Il Presidente del Governo spagnolo ha difeso lo Stato all’inizio del suo percorso politico. Ed è curioso perché lo Stato sono le sue istituzioni e da quando Sánchez è salito al potere non ha fatto altro che assoggettare quelle istituzioni ai suoi interessi. C’è stato un tempo in cui la sinistra era statalista e la destra era liberale o conservatrice anti-statalista. Ma quello schema è diventato vecchio.

Un vero progressista all’inizio del XXI secolo deve combattere i populismi di sinistra e le autocrazie emergenti che indeboliscono e addirittura distruggono le istituzioni.

Un vero democratico liberale deve difendere il valore dello Stato, uno Stato solido che garantisca libertà e uguaglianza per tutti e che eviti la colonizzazione delle istituzioni. Un vero liberale non può accettare che, in nome dell’anti-statalismo, si instauri “la tirannia dello scambio di favori”. Non è strano che quando si difende il primato della società civile sullo Stato si stia difendendo anche questo scambio di favori. Un gruppo di elettori appoggia alcuni politici in cambio del loro sostegno tramite denaro pubblico. Noi vi diamo voti, voi ci date soldi o fate leggi che ci avvantaggiano.

Qual è l’errore di queste politiche? Che mettono fine al perseguimento del bene comune.

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