Ho di recente preso parte al Festival per l’Innovazione Scolastica di Valdobbiadene. In questa cittadina veneta da anni si condividono esperienze nate nei contesti scolastici, si dialoga tra dirigenti e insegnanti, si mettono in comune storie e fatti di chi non si ferma davanti alle difficoltà, ma ha cuore la passione e il desiderio di aiutare i ragazzi nonostante tutte le difficoltà che questo comporta.
Anche quest’anno circa cento scuole di ogni parte di Italia hanno preparato esempi di cambiamento dal basso della didattica scolastica e tra esse ne sono stati selezionate una trentina che sono state presentate nella tre giorni veneta.
La prima considerazione che mi è venuta in mente può essere sintetizzata con una nota sentenza latina: “Contra factum non valet illatio” cioè il fatto vale molto di più di qualunque elucubrazione su di esso. Di fatti concreti a Valdobbiadene ne ho visti molti.
Fabio Panetta, Governatore della Banca d’Italia, al Meeting di Rimini, ha detto che in Italia si spende per gli interessi sul debito pubblico una somma pari a quanto spendiamo per l’istruzione. Nell’ultimo rapporto Ocse, “Education at a Glance 2024”, si legge che gli stipendi dei nostri insegnanti, confrontati con quelli di diversi altri Paesi sviluppati, sono ancora una volta in fondo alla classifica. Non solo: la situazione è negativa anche guardando al futuro. L’aumento previsto nel contratto del triennio 2022-24 è basato su una crescita del 5,8% mentre gli aumenti previsti per gli insegnanti europei sono del 28%. Sempre nel rapporto si legge che la scuola italiana “è da anni privata delle ore di laboratorio, di compresenze e di personale docente e Ata”. Sono numeri che dicono chiaramente come l’istruzione non sia tra le priorità del nostro Paese.
Nonostante non si sia dato seguito alla legge del ministro Berlinguer sull’autonomia degli istituti scolastici, molti insegnanti riescono a costruire percorsi educativi che rendono più interessante, proficuo ed efficace per i loro studenti il tempo passato a scuola.
È un segno che dice come la prima fondamentale risorsa è una forza ideale e gratuita: la passione per i propri alunni, il desiderio che imparino veramente ed escano dall’iter scolastico più maturi. Senza questa posizione umana ogni altra riflessione di tipo organizzativo per migliorare la scuola rimane lettera morta. E non è una posizione che può essere individuale: i gruppi di insegnanti presenti nella cittadina veneta rendevano evidente che questa apertura ai ragazzi deve aprirsi ai colleghi e ai dirigenti scolastici perché ci sia una vera comunità educante che si prenda cura dei ragazzi. Una passione per il bene e la crescita dei giovani potenzia la capacità professionale, la creatività, aiuta a trovare nuovi strumenti pedagogici. Un esempio spiega bene questo fatto.
A Valdobbiadene è stato presentato un progetto realizzato in trenta scuole italiane dalla Dallara, uno dei marchi di riferimento a livello mondiale delle auto da corsa. Nelle scuole che hanno aderito al progetto si sono costituiti team di quattro-sei ragazzi che hanno costruito modellini di macchine di Formula 1 in miniatura, ma del tutto funzionanti, capaci di correre a una velocità di 200 km all’ora. I ragazzi, aiutati dai professori delle scuole e dagli esperti della Dallara, hanno dovuto fare tutto quello che in scala enormemente maggiore fa un team di una squadra di corse: trovare sponsor che finanziassero l’operazione, progettare le macchina, acquistare il materiale, costruire fisicamente le macchine, testarle anche in gallerie del vento, partecipare a delle competizioni svolte su mini piste prima a Imola, poi a Maranello e quindi nell’Academy della Dallara.
Secondo gli insegnanti che li hanno seguiti, questa azione ha portato a un aumento smisurato dell’interesse verso lo studio e dell’interazione con il corpo docente. I giovani hanno imparato molto più facilmente le materie che servivano loro perché le hanno dovute applicare a un caso concreto e hanno trovato nei professori che hanno speso tanto del loro tempo libero per supportarli degli amici più grandi e non solo degli esperti. Si potrebbero raccontare tanti altri esempi simili visti nella tre giorni, ma vale la pena a questo punto farsi una domanda: se ci sono questi esempi di novità dal basso e probabilmente moltissimi altri nelle scuole italiane, come aiutarli dall’alto, dal punto di vista del sistema scolastico?
Val la pena in questa sede fare almeno due considerazioni di ordine generale. La prima può essere formulata a sua volta come domanda: è giusto nella scuola definita del merito continuare a ignorare il merito dei soggetti portanti, cioè gli insegnati e i dirigenti scolastici? Fermo restando la necessità di adeguare gli stipendi di tutti, come si può valorizzare chi nella scuola fa di più di quello che gli è richiesto contrattualmente? È caratteristica della persona insegnare con un impeto ideale pieno di passione, ma è del sistema premiare e incentivare chi oggettivamente migliora il bene più prezioso della nostra società, la conoscenza e la vita dei nostri giovani.
Una seconda considerazione inerisce l’insegnamento di ordine generale che nasce dal Festival dell’Innovazione. Negli esempi presentati emerge che nei ragazzi non si è incentivata la capacità nozionistica fine a se stessa: si è invece stimolata la capacità di lavorare assieme, di imparare dalla realtà, di essere motivati, di sentirsi responsabili in prima persona. Alunni così motivati, come nel caso del progetto Dallara, hanno voluto liberamente fare loro più conoscenze tecniche di quelle necessarie. A livello mondiale e anche italiano la scuola che conosciamo è nata all’inizio del 900 in termini funzionalisti. Si doveva preparare qualcuno che per i 40 anni successivi avrebbe svolto la stessa mansione perché i cambiamenti erano lentissimi: bastava dargli nozioni fisse codificate a qualunque livello. Oggi invece tutto cambia vorticosamente sia nel mondo produttivo – l’obsolescenza media avviene in meno di cinque anni – che nella vita. Occorre quindi imparare a imparare. Anche per acquisire le conoscenze digitali o approcciarsi agli strumenti dell’intelligenza artificiale è necessario imparare un metodo di studio e di lavoro che renda creativi e capaci di ricominciare continuamente senza essere, allo stesso tempo, travolti dai cambiamenti.
Come è stato detto a Valdobbiadene, la scuola deve essere un incontro, un avvenimento continuo, un rapporto che accenda i ragazzi e la loro personalità. Non è allora ora di ridiscutere questo tema quando si parla di scuola, prima di ogni altra considerazione? Il dibattito sulle socio-emotional skills può aiutare questa “mutazione” della scuola e non per niente sarà a tema della prossima edizione del festival.
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