Le favelas di Salvador de Bahia: un luogo che se viene analizzato sotto il profilo sociologico o socio-economico non sembra permettere a nessun giovane che vi abiti una prospettiva di vita positiva. Invece un paziente percorso educativo fatto di aiuto allo studio e attività sportive accende il punto infiammato dei ragazzi: e rinasce la speranza e la possibilità di un futuro migliore.
Nell’ambito del Meeting per l’amicizia fra i popoli, lo scorso 25 di agosto si è svolto l’incontro “Giovani alla radice dello sviluppo”. Protagonisti dell’incontro sono stati fra gli altri Nelson de Jesus Ramos, brasiliano, 28 anni e attualmente professore di educazione fisica, e Julivam Estevam de Souza Santos, anch’egli brasiliano, 29 anni, laureato in fisica e attualmente professore di robotica e informatica. Entrambi hanno una traiettoria personale legata al Centro educativo João Paulo II, gestito dall’Associação Humano Progresso Brasil, che si trova nella periferia di Salvador, capitale dello Stato della Bahia, nel nord-est brasiliano, in cui sono accolti quotidianamente 600 bambini e ragazzi con attività di sostegno allo studio di portoghese, matematica, scienze, robotica e tecnologia, attività sportive di calcio, basket, pallamano, karate e danza.
Nelson de Jesus Ramos è stato alunno del Centro educativo João Paulo II quand’era un bambino, è riuscito a continuare gli studi, si è laureato e oggi è professore non solo al Centro educativo ma anche in altri istituti. Nelson ha descritto in questo modo l’impatto del Centro educativo su di lui: “Prima di venire in Italia, Paola ci ha fatto vedere le foto della cupola del Duomo di Firenze, che saremmo andati a visitare e che io non conoscevo. Lí ho detto: Okay. Ma quando siamo arrivati a Firenze e ho visto la cupola, ho detto: OKAY!!! Ecco, la presenza del Centro educativo João Paulo II nel mio quartiere è un’esperienza spmile. Ne senti parlare, dici, Okay. Ma quando lo vedi e ne partecipi, dici OKAY!!!”.
Nelson ha raccontato di provenire da una famiglia tipica della periferia e delle favelas di Salvador. I genitori e i nonni sono afrodiscendenti e anche lui si è definito “un bellissimo uomo di colore”. Quand’era bambino c’erano molte palafitte nel lungomare, che le famiglie costruivano per trovare una soluzione al problema della casa. La sua casa non era una palafitta, ma una baracca di legno. La nonna lavandaia, la madre domestica. Lui ha sempre amato il suo quartiere e da ragazzo, soprattutto nelle sfide a calcio con gli altri quartieri, ha detto di avere difeso il suo territorio fino alle botte. Ha quindi raccontato di questo OKAY!!!, ossia di come il Centro educativo ha iniziato a introdurre in lui nuovi parametri, a mettere in risalto altri fattori e a creare nuove prospettive. Per esemplificare ha raccontato di un amico di infanzia, con cui ha condiviso tante cose e il cui cammino si è diviso “per la distanza di 30 metri”: i 30 metri che lui faceva tutti i giorni per andare al Centro educativo dal mercatino in cui lavoravano assieme.
Entrambi pre-adolescenti, avevano trovato un lavoro informale, che però gli permetteva di avere qualche soldo a disposizione, per sé e da dare alla famiglia. Racconta: “Ciò che mi ha fatto andare avanti e cambiare letteralmente il mio profilo è stata l’educazione: tutto ciò che ho imparato al Centro educativo e l’influenza degli insegnanti hanno avuto un enorme impatto sul mio percorso. Attualmente il mio amico lavora ancora in questo negozietto di alimentari: non ha preso strade sbagliate e la sua è una storia felice nella realtà del nostro quartiere. Io, però, oggi sono professore, ho conosciuto diverse realtà, mantengo la mia famiglia e sono arrivato fin qui in Italia. L’educazione mi ha salvato la vita e mi ha dato la capacità di emanciparmi dal ciclo della povertà, permettendomi di stare in ambienti diversi e di avere una crescita culturale. Paola ci ha sempre detto: il Centro educativo deve essere bello, il professore deve essere un buon professore, i materiali che usiamo devono essere ottimi materiali. Per una realtà come la nostra, di periferia, dove le cose per il pubblico sono fatte male e non interessa niente a nessuno, questo è uno sguardo diverso, un altro parametro”.
Julivam Estevam de Souza Santos, che è l’attuale professore di robotica e tecnologie informatiche al Centro educativo, ha raccontato: “Ho iniziato al Centro educativo come stagista, estremamente timido, pieno di sogni e con il desiderio di essere qualcuno che incide sulla realtà; nel frattempo mi sono laureato in fisica e oggi, come insegnante di robotica, comprendo che ogni momento dedicato ai bambini è prezioso. Insegnare matematica e robotica mi ha mostrato la bellezza di vedere un alunno comprendere un concetto per la prima volta. Ho imparato che ogni bambino porta con sé una storia unica, spesso segnata da sfide che vanno ben oltre l’ambiente scolastico. Tuttavia, questo percorso non è sempre stato facile. Abbiamo perso alcuni alunni ed ex-alunni a causa della violenza. La violenza è un aspetto del quale non amiamo molto parlare, perché le morti violente sembrano essere l’unica vetrina sul quartiere in cui viviamo. Queste perdite mi hanno mostrato, più che mai, che l’educazione e le opportunità possono essere la chiave per salvare questi bambini: è la scintilla negli occhi di un bambino quando vede che riesce a costruire qualcosa con le proprie mani che mi dà la forza di andare avanti. Questo mi ricorda che l’educazione è molto più che trasmettere conoscenze; è fatta di empatia, pazienza. Significa mostrare a questi bambini che sono capaci e che, nonostante le avversità, hanno il potere di costruire un futuro. Il Centro educativo non è solo un luogo di lavoro per me; è uno spazio di apprendimento reciproco”.
Poi ha aggiunto: “Io sono stato visto per primo, qualcuno mi ha visto in questo luogo, mi ha visto come qualcuno importante. Per questo oggi io sono capace di vedere i ragazzi, perché per primo ho ricevuto questo sguardo”. Anche laddove non sembra esserci alcuna speranza, un percorso educativo che sappia guardare, coinvolgersi e amare bambini e giovani può permettere quel riscatto umano che sembrerebbe impossibile…
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