Arriva secca la domanda, più fastidiosa del sole insistente della giornata, non dà tregua, non permette alibi. Stanno camminando, Lui davanti e gli apostoli appena dietro. Senza girarsi chiede: “Di che cosa stavate discutendo per la strada?”. Imbarazzati come non mai fanno scena muta. Gesù non insiste, non aggiunge una parola. Mentre camminavano, infatti, lasciando un po’ di stacco dal Maestro, si erano messi a fare i discorsi che fanno tutti. Il Vangelo di Marco lo dice con una frase sintetica: “Per la strada avevano discusso tra loro chi fosse più grande”. All’improvviso, come spesso accade, si era infilata tra di loro la mentalità di chiunque, quella che porta a parlare delle cariche, dei ruoli, dei titoli, di come sistemare gli amici, riorganizzare l’impresa, far fuori chi non ci piace… proprio come avviene dopo certe riunioni o certi pranzi. Davanti a tutti non si dice nulla, nelle sedi ufficiali tutto tace, ma poi, nel segreto degli incontri con quelli che contano, tutto cambia e ci si scatena. Fino al giorno prima uno si trova ai piani più alti, il giorno dopo non viene più calcolato. Tra gli uomini accade così, e nessun ambiente è immune, nessuno.
A un certo punto, però, Gesù si siede e compie il gesto della prima ora: chiama i Dodici. Non hanno nemmeno il coraggio di alzare la testa. E dice: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Perché Gesù non corregge quel desiderio maldestro di “essere il primo”? Perché non dice agli apostoli: “Volete finirla con questa mania di essere i primi?”. Più radicalmente cambia i connotati del “primo”. Non uno mondanamente “grande”, come acutamente l’evangelista fa notare smascherando il contenuto del loro dialogo lungo la strada, ma il “primo” secondo la mentalità nuova di Cristo.
L’alternativa è drammaticamente descritta da san Giacomo nella seconda Lettura di oggi: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni”. La mentalità nuova di Cristo è descritta da Lui stesso nel gesto che compie davanti a tutti: “E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: ‘Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato’”. Accogliere i bambini significa avere il coraggio di proporre loro un significato per la vita da verificare. E non tengono, coi bambini, le logiche mondane, perché davanti alla loro semplicità siamo tutti spiazzati. È come se Cristo sfidasse i suoi a trovare delle ragioni e un modo di vivere “a prova di bambino”.
Che Grazia occorre per non lasciarsi sviare dal nulla, per non cadere nella trappola della logica del mondo: la Grazia di accogliere anche il bambino che c’è in noi. Come scriveva santa Teresina: “Nonostante la mia piccolezza, posso aspirare alla santità. Farmi diversa da quel che sono, più grande, mi è impossibile: mi devo sopportare per quello che sono con tutte le mie imperfezioni; ma voglio cercare di andare in Cielo per una piccola via bella dritta, molto corta, una piccola via tutta nuova: la dolce via dell’Amore”. Altro che i soliti discorsi.
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