Kamala Harris è in vantaggio nei sondaggi. Secondo un sondaggio Reuters, la candidata democratica ha il 45% dei consensi contro il 41% di Trump. Altri sondaggi riducono il divario a due o tre punti. Nulla di definitivo, visto che manca ancora molto alle elezioni di novembre.

Trump ha cercato il sostegno di un importante settore di cattolici con la nomina di J.D. Vance come candidato alla vicepresidenza. Vance, cresciuto in un contesto evangelico, spiega di essersi convertito quando ha visto una coincidenza tra le sue aspirazioni e quelle della Chiesa cattolica. Per un certo periodo di tempo, il candidato alla vicepresidenza, uomo colto, è vissuto circondato da un’élite accademica per la quale la cosa importante nella vita era diventare giudice della Corte Suprema o consulente di una ricca banca. E si rese conto che questo era “un modo incredibilmente vuoto e persino ripugnante di pensare per quanto riguarda il carattere e la virtù”. E fu preso da un rifiuto verso queste élite “a cui non importava nulla della differenza tra uomini e donne e di come dobbiamo inculcare virtù maschili e femminili”. Scoprì che ciò che era importante “era essere un buon marito, avere una buona reputazione, essere un buon padre”. Vance è consapevole che queste aspirazioni morali non sono facilmente raggiungibili: “Una delle cose più attraenti del cattolicesimo per me è che il concetto di grazia non è espresso come un’epifania. Non è che si riceve la grazia e all’improvviso si passa dall’essere una persona cattiva all’essere una persona buona. Si deve lavorare costantemente. Questo mi piace”.



Quando Vance parla di cattolicesimo, parla di virtù, spiegando che la sua conversione è stata un modo per “aderire alla resistenza”, dopo “aver visto come il peccato distruggeva persone e comunità”. “Gradualmente”, dice, “ho cominciato a vedere il cattolicesimo come l’espressione più vicina di un cristianesimo ossessionato dalla virtù, ma consapevole del fatto che la virtù si forma nel contesto di una comunità più ampia”.



Non si può giudicare la fede di Vance, che è certamente ammirevole, ma l’interpretazione culturale del cattolicesimo del candidato alla vicepresidenza è incentrata sulla coerenza morale e sulle virtù. Quando parla della sua vocazione politica, parla soprattutto di un insieme di valori (famiglia, differenza sessuale, ecc.). Avrebbe potuto sceglierne altri (accoglienza dei migranti, uguaglianza sociale ed economica, ecc.). Vance critica il fatto che la secolarizzazione sia stata disastrosa. La secolarizzazione che in Occidente ha sostituito il cristianesimo con i valori universali dell’Illuminismo. Ma l’interpretazione culturale della fede di Vance non è una risposta al secolarismo, bensì un’espressione di quello stesso secolarismo che pretende di combattere. Intendere la fede soprattutto come un insieme di virtù universali da conquistare nell’ambito personale con duro lavoro e da difendere nella sfera pubblica significa trasformare il cristianesimo in un imperativo etico.



All’inizio non fu così. I pastori, i pescatori di Galilea, i ladri, le prostitute non seguivano Gesù perché li aiutava a raggiungere valori che avevano tradito. Il primo leader della Chiesa cattolica era un traditore e un bugiardo. All’inizio, e ancora oggi, ci fu una storia particolare: un uomo che guardava in modo particolare i bambini, che guardava in modo particolare le nuvole che venivano da ovest e il vento che veniva da sud. Il cristianesimo continua ad essere quello che era allora: una storia particolare, inaspettata e inimmaginabile, una vibrazione, uno sguardo che supera ogni aspettativa.

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