Il centuplo e i quadratini

Ci sono tanti nobili modi per difendere la vita fino alla fine, anche quando tutto sembra compromesso

Ci sono tanti nobili modi per difendere la vita fino alla fine. Uno di questi è semplicemente la compagnia e suscitare la speranza di una vita cristiana che dà già il centuplo quaggiù anche quando tutto sembra compromesso. Sono i quadratini.

“Siccome siamo in tanti, va bene se dormi tu in cucina visto che sei sorda e il rumore terribile del frigo non ti dà fastidio?”. Con queste parole Rosa mi ha invitata a casa sua per la sera di fine anno. Ho smesso di chiedermi cosa c’entro io con i quadratini e ho imparato a godermeli.



Per il viaggio di andata mi ero accordata con Riccardo che in auto da Verona doveva andare in Brianza a prendere Nicoletta e poi via in direzione Pozzuoli; per il ritorno meglio un biglietto di treno Flex perché non si sa mai quello che può succedere. La sera prima della partenza ricoverano il padre di Nicoletta: riusciremo a partire? Quando? Lo scopriamo a notte fonda, decidiamo di vederci la mattina dopo alla stazione di Sesto.



La macchina è già piena: valigie, cuscini, materassini, asciugamani, bottiglie di vino. Ci stringiamo, tanto ci vorranno solo 9 ore! Quando arriviamo è già il tramonto, la partita del Napoli è finita. Ale, Stefano con Maria Silvia e Cesare sono già arrivati (vengono da più vicino, Cesena e Pesaro), Don Eugenio e Rosa ci accolgono in un giardino pieno di limoni, arance, pompelmi. In casa i materassi gonfiabili sono già piazzati. La messa è per la mamma di Rosa, che è la mamma dei quadratini perché tutto è iniziato da lei.

La casa si riempie di amici, molti li vedo per la prima volta, arriva anche la signora che ha assistito mamma Rosaria negli ultimi anni e che vedendoci si commuove e poi canta una stupenda canzone napoletana. Dopo cena, Stefano ci insegna la canzoncina di Pino e Don Eugenio, “quanto più saprai giocar” che spesso riprenderemo in questi giorni.



Non tutti ci conosciamo, ognuno porta una storia diversa, il suo inferno, che semplicemente condivide con gli altri. Come Marina e Camillo. Perché siamo qui? Per una esperienza di libertà… ma cosa vuol dire? La domanda resta aperta, è da vivere, non da spiegare. Facciamo un torneo di calcio balilla, rassettiamo la cucina e finalmente vado a dormire in compagnia del rumore del frigo e della nuova lavastoviglie.

Il 30 di dicembre è il mio compleanno, dopo colazione diciamo l’Angelus insieme. Volevamo andare alle terme invece facciamo un giro sul lago d’Averno tra oche e tartarughe (siamo tutti “schisciati”), videochiamata con Raffa e Renato, qualche bruschetta e poi di corsa a vedere il tramonto sul mare. Uno spettacolo da rimanere senza fiato, in silenzio ci mettiamo a cantare.

Per cena bruschette all’aglio (tanto), poi una partita a carte, qualcuno va a riposare e ci prepariamo per il giro notturno al mercato del pesce: ostriche, gamberoni, vongole e poi colazione al bar sul mare di Pozzuoli con graffa calda (tipica brioche napoletana) e caffè ed è già il 31. Sono andata a dormire da poco (sempre in compagnia di frigo e lavastoviglie) e alle 7:40 mi sveglia il messaggio di Anna che è appena partita da Milano con Fabrizio ed Elisa con annessi carrozzina, cesso e attrezzi vari.

Verso le 9 nella “mia” cucina arrivano tutti. Frà fa spremute di arancia e pompelmo (raccolti in giardino) per tutti, Don Eugenio fa il caffè, uno lungo, uno corto, un cappuccino. Diciamo l’Angelus insieme e poi man mano i nuovi arrivi. Un giro dal fruttivendolo e alla gastronomia e poi ritorniamo a vedere il tramonto, oggi il cielo è più coperto e il sole sembra scendere dalle nuvole al mare. Portiamo Elisa in carrozzina sulla sabbia fino a toccare la riva del mare, si agita felice e forse anche un po’ preoccupata.

Videochiamo un’amica per mostrarle tanta bellezza, lei è stupita: viene fuori qualcosa di te che non conoscevo… già neanche io.

Alle 18:30 messa in collegamento con Te Deum: ringraziare di cosa? Dell’inferno che è ancora qui? La malattia tosta è l’inferno, la morte di tuo figlio, di tuo marito, di tua moglie sono l’inferno, vedere tua moglie imprigionata dalla SLA è l’inferno. Lo dice bene Chiara via zoom, il marito Marco è morto lo scorso anno di tumore poco prima che nascesse loro figlia Teresa: “Io sono la moglie incazzata di un quadratino felice e ho dentro un grido, non è giusto! Eppure non mi basta!”.

Don Eugenio la abbraccia e riprende la canzone che lei stessa ha scritto: “E ti ho dato un bacio. E ti ho detto vai. Sei di nuovo qui. Perché sei con Lui”. Gianpaolo riparte da qui, poco tempo fa il figlio Alessandro è andato in cielo: “Ho dentro una rabbia pazzesca, ma se tornassi indietro non vorrei nulla di diverso, dire che c’è contraddizione è moralistico e infatti sono qui”.

Chi e che cosa in mezzo all’inferno non è inferno: come un compagno improvviso di cammino e ti ritrovi in silenzio. Il cenone è regale, siamo circa in 24, antipasti, pasta al forno, pesce alla griglia, il panettone, lo spumante e tra un giro di “quanto più saprai giocar” e una canzone continua il racconto di chi e che cosa in mezzo all’inferno non è inferno.

I piccoli figli di Jessica, bellissima, mentre racconta la sua drammatica storia giocano tranquilli assetati di tenerezza tra la barba del Don e di Frà e sulle ginocchia malferme di Francesco. Dentro l’inferno i discorsi sono insopportabili e infatti ci stufano subito.

Un messaggio al volo a un amico: qui è una febbre di vita! E lui: com’è possibile visto che siete tutti moribondi? Già, come dice Don Eugenio non siamo insieme per aiutarci a morire. ma per scoprire e lasciare spazio a quello che ci fa vivere nell’inferno e che inferno non è. Alle 23:30 si sale in terrazza (portare Elisa con la carrozzina è un’impresa ardua e stupenda), collegamento Zoom con tutti i quadratini e via ai fuochi, incredibili che con l’iPad di mano in mano entrano negli inferni dei quadratini collegati: da Baffetto in ospedale a Lucia e Giovanni (a cui hanno trovato anche la leucemia), fino da Isa che da un po’ aveva smesso di festeggiare.

Come diceva Maria Silvia (tumore al cervello ultimo stadio): cosa vuol dire augurarsi buon anno tra noi che sappiamo che probabilmente non arriveremo al prossimo? Veramente possiamo augurarci – tutti – di riconoscere ogni istante chi e che cosa in mezzo all’inferno non è inferno, e dargli spazio. Il primo dell’anno comincia con calma, qualcuno fa già i preparativi per la partenza, Frà e Don Eugenio instancabili e discreti preparano ancora la colazione. C’è il sole e la messa si può fare in giardino e arriva il momento dei saluti e ti ritrovi in silenzio. Un compagno improvviso di cammino che non ti molla più: ecco cosa è accaduto!

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