“Uno solo si immerse, ma elevò tutti con sé; uno solo discese nell’acqua, perché tutti ascendessimo in Cielo, uno solo prese su di sé i peccati di tutti, perché in Lui fossero mondati i peccati di tutti”. Così sant’Ambrogio commenta l’avvenimento del Battesimo di Gesù, di cui oggi la Chiesa fa memoria. Dopo trent’anni di una vita come quella di tanti, impegnata nelle cose di tutti i giorni, nello studio, nel lavoro, nella preghiera, nelle amicizie, Gesù dedica i suoi ultimi tre anni alla cosiddetta “vita pubblica”. Che interessante sproporzione! Trent’anni di nascondimento e tre anni davanti a tutti. Ma quello dei tre anni era lo stesso dei trenta. Cos’è successo di nuovo? Anche prima poteva essere incontrato e ascoltato.
Giovanni Battista, che della nuova fase della vita di Cristo è un testimone privilegiato, svela questa novità quando, rivolgendosi ai farisei, dice: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete” (Gv 1, 26). Il battesimo di Gesù coincide con il momento in cui Lui stesso decide di farsi conoscere. I tre anni che seguiranno, come documentano i Vangeli, sono il fiorire della sua decisione di svelarsi al mondo. Decisione, per la verità, che appare da subito come un’iniziativa della Trinità stessa, come conferma il racconto dell’evangelista Luca: “Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: ‘Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento’” (Lc 3, 21-22).
Commenta san Beda il Venerabile: “Il Figlio di Dio è battezzato nell’uomo da lui assunto, lo Spirito di Dio discende come colomba, Dio Padre è presente nella voce: nel battesimo si dichiara il mistero della santa e indivisibile Trinità. Era conveniente che colui che avrebbe comandato ai ministri dei suoi sacramenti di insegnare a tutte le genti e di battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per primo egli stesso disvelasse che tutta la Trinità era presente personalmente al suo battesimo”.
Il metodo del Natale è confermato nel Battesimo del Signore: Dio discende fino al punto in cui l’uomo lo possa incontrare veramente. Impressiona questa libertà di spingersi fin nei meandri più reconditi del nostro umano, fino a mettersi in fila con i peccatori, fino a sottoporsi alla verifica di chi l’aveva visto il giorno prima e ora scopre un uomo che è come se non avesse mai conosciuto davvero. E il nostro Battesimo che fine ha fatto? Il giorno in cui la nostra persona ha potuto partecipare al mistero della persona di Cristo è stato anche per noi uno svelarci: Dio ci ha svelato chi siamo. Nei rapporti possiamo constatare tutti quanto non sia per nulla scontato conoscerci sul serio, capirsi, entrare in sintonia. Perché l’altro possa capirmi occorre che abbia qualcosa di me in sé. Per questo il Verbo si è fatto carne, per questo ha voluto essere battezzato, per questo ha condiviso tutto il dramma del nostro umano, fino alla morte, perché ciascuno di noi potesse ritrovarsi in Lui. Altrimenti Dio non avrebbe potuto “imparare” l’uomo, e per l’uomo Dio sarebbe rimasto in fondo sempre un grande estraneo. Così è per noi se vogliamo veramente goderci la vita, i rapporti, il tempo, la realtà. Che dono sarebbe poterci guardare e poter guardare gli altri con questa coscienza: una scoperta continua, uno svelarsi quotidiano.
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