La sorpresa di non conoscerci

Il ritorno a Nazareth non è stato semplice per Cristo, che ha dovuto fare i conti con i pregiudizi dei paesani

L’emozione di quel giorno fece presto a tramutarsi in uno shock. Lui, Cristo di Nazareth, ritorna al paese, come il più riconoscente dei figli divenuti qualcuno per i sentieri della vita. Torna ch’è diventato ormai uomo: “S’è fatto proprio bello questo figliolo di Maria!” avrà pure detto qualche donna ai crocicchi di Nazareth, il paese che vide il Dio arrivare bambino e andarsene per la sua via all’indomani dei suoi trent’anni. Ha già cominciato a bazzicare per le sinagoghe – che, però, non saranno il suo luogo preferito quanto le strade malmesse, i crocicchi poveri di bellezza, le storie addormentate sul peccato -, certuni già si sono accorti che la sua Parola punge, carezza, graffia: “Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti gli rendevano lode“. Perché nessuno dicesse ch’era andato dappertutto eccetto al suo paese natìo, “venne a Nazareth, dov’era cresciuto e, secondo il suo solito, di sabato entrò nella sinagoga e si alzò a leggere“.



L’evangelista, dunque, non lo fotografa in un luogo qualsiasi, alla mercé di qualsiasi orecchio: lo pizzica nel suo paese, a casa sua, tra la sua gente. Qui, a sentirli, ognuno di Lui ti racconta un episodio che l’ha visto protagonista: “Io l’ho visto saltare il fosso quella volta. Io, invece, a spasso con sua Madre. È stato lui, quella volta, a consegnarmi lo sgabello riparato in bottega. Lo conosciamo da quando ancora non aveva i peli della barba. Noi, invece, possiamo dire d’esser andati a Gerusalemme assieme ai suoi una Pasqua. La mia figliola – povera la mia figliola – s’era invaghita dello sguardo di quel bel Figliolo che già prometteva”. E via dicendo: ognuno a fare di conti coi ricordi che quella bella persona riaccendeva. Vedendolo adulto, erano in tanti a ricordarsi della sua giovinezza. Com’è bello ritornare al proprio paese.



Com’è astruso, anche, fare ritorno al proprio paese quando, per trent’anni, hai spartito muco e sorrisi, lacrime e sangue, sudore e calli. Quando Cristo ritorna, però, porta addosso i crismi dell’uomo maturo: non è più il bel figlio che prometteva bene, è la promessa diventata storia. Improvvisa, è sotto gli occhi di tutti: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che avete ascoltato“. La Scrittura che aveva appena finito di proclamare, prima di arrotolare il volume: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; mi ha consacrato con l’unzione, mi ha mandato a portar ai poveri il lieto annunzio“. E poi ragioni di speranza per i prigionieri, i ciechi, gli oppressi.



“Che colpo di fortuna ha avuto quella gente a sentire proclamare queste parole dalla voce di Colui del quale parlavano le parole stesse” penserà più di qualcuno, a proposito di chi c’era in sinagoga. Non andò proprio così, invece. Certo: ci fu la meraviglia di chi si vide disorientare da quell’annuncio, ma anche impaccio di chi, di fronte a quell’annuncio, non avrebbe più avuto scuse. Perché un conto è accodarsi a chi spera in un qualcosa che dovrà arrivare, un conto è fare i conti con quel qualcosa quando ti arriva appresso all’improvviso. E, piazzandosi di fronte, sembra dirti: “Eccomi qua. Adesso, come la mettiamo? Per anni hai detto: ‘Da domani cambio vita!’ e non l’hai mai cambiata. Oggi è il giorno giusto”. Nei Vangeli questo è l’aspetto della speranza: quando s’avvera, lo fa in maniera imprevedibile. Coglie di sorpresa: non sei tu ad afferrarla, ma è lei ad afferrare te. Eccola: “Gli occhi di tutti erano fissi su di lui“. Non basterà.

Andrà a finire male quel giorno ch’era nato avendo tutti i presupposti per finire nel migliore dei modi possibili: a Nazareth, i suoi paesani, gli rideranno in faccia sentendolo dire quella cosa tipo che “oggi si è adempiuta quella Scrittura che avete ascoltato“(cfr Lc 4,14-21). Ritornare nei luoghi che t’hanno visto bambino è sempre un rischio colossale: il rischio che tutti dicano che “sanno già tutto di te”, e non ti lascino la possibilità di mostrare il prodigio che sei. Anche Cristo, dunque, deve fare i conti con i pregiudizi dei paesani: “Sappiamo già tutto di lui, cos’altro potrà dirci che già non sappiamo”. Potrebbe dirci, ad esempio, che “il dolore altro non è che la sorpresa di non conoscerci” (A. Merini). Di non conoscerci pienamente.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI


Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie di Chiesa

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.