Chi salva il desiderio? La lezione dei Magi

Davanti allo stesso fatto, la nascita del Salvatore, alcuni si mossero, altri no. E noi? Abbiamo la libertà di fare come i Magi?

A un primo sguardo fanno quasi tenerezza, quegli uomini in comitiva arrivati per ultimi coi loro doni. Quello che doveva accadere è già accaduto, si sono persi il cuore della vicenda. Sono gli ultimi arrivati. L’evangelista Matteo racconta così la scena: “Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: ‘Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo’. All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: ‘A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele’” (Mt 2, 1-6).



Commenta sant’Agostino, in uno dei suoi Discorsi: “E chi non rimarrà incuriosito su che cosa può significare il fatto che alla domanda dei Magi dove sarebbe nato il Cristo, i Giudei diedero risposta traendola dalla Scrittura, però non andarono ad adorarlo insieme a loro?”. Davanti allo stesso fatto alcuni si mossero, altri no. I più vicini non si mossero, quelli che avrebbero dovuto muoversi non lo fecero, quelli che sapevano tutto, che avevano studiato le Scritture, che avevano sempre in bocca le parole di Dio, non fecero una piega. Quelli che avrebbero dovuto stare dov’erano, si mossero. Da molto lontano, e per molto tempo, si misero in cammino. Senza ridurre il loro desiderio, senza entrare nel grande esercito degli “accontentati”, senza lasciar vincere paura e pigrizia, si misero in cammino.



“I Giudei diedero risposta traendola dalla Scrittura, però non andarono ad adorarlo insieme a loro”: impressionante questa osservazione di Agostino. Erode raduna tutti quelli che avrebbero dovuto muoversi, perché sapevano, e che invece non fecero neppure un passo. In loro la domanda non bruciava, il cuore non ardeva, il desiderio non gridava. Avevano Cristo a pochi passi, lo avranno davanti ai loro occhi, ma questo non bastò per riconoscerlo. Capiamo subito che la questione riguarda anche noi e viene allora da chiedersi, come fece don Julián Carrón in un’intervista a L’Osservatore Romano nel 2019: “Chi salva il desiderio? Che tipo di sguardo è necessario ricevere perché esso non venga ridotto?”. E continuava: “Nel mondo classico, la dismisura del desiderio era percepita con terrore, come una hybris pericolosa. Occorreva quindi mettere dei ‘paletti’, ridurre quella dismisura, rimetterla dentro i binari di una misura. Poi è arrivato il cristianesimo. Nel Vangelo si documenta la presenza di uno che sta davanti a tutto il desiderio dell’uomo. Gesù si rivolge proprio a questo desiderio, è in grado di guardare in faccia il desiderio, lo svela in tutta la sua portata”.



Se siamo onesti, però, dobbiamo ammettere che la tentazione del ridimensionamento non è venuta mai meno. Ci spaventa troppo fare i conti con ciò che in noi domanda una risposta, meglio mettere tutto a tacere sotto la cenere di una vita come tutte le altre. Ma non tutti accettano di vivere in gabbia. Alcuni si muovono. Proprio quelli che avrebbero dovuto rimanere al loro posto, a un tratto decidono di mettersi in cammino. È, in fin dei conti, ciò di cui abbiamo bisogno: che qualcuno, a un certo punto, si prenda sul serio e dica “io”. Chiediamo di essere anche noi in questo popolo di “ultimi arrivati”, che hanno incontrato uno sguardo capace di guardare in faccia il desiderio svelandone tutta la portata, e rischiano il cammino.

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