Il via libera dell’Ue alla riforma fiscale del Terzo settore sembra valere in misura di leva più che doppia. Segnala che l’Europa – quella delle sue radici pacifiche e solidali – è viva: anche in questo accidentato avvio del quinquennio “von der Leyen-2”, in questi giorni concentrato sul riarmo. Ma è uno stimolo forte e benefico anche agli altri settori dell’economia e della società italiana (europea): in un sistema-Paese è un caso di studio internazionale sulla valorizzazione di sue risorse strategiche – imprenditorialità e lavoro – sul terreno della sussidiarietà. Che è ormai divenuta una cifra costituzionale consolidata sia in Italia che in Europa.
Una più piena attuazione del Codice del Terzo settore – già in vigore dal 2017 – viene ora realizzata con una tecnicalità tributaria articolata. Spicca la defiscalizzazione degli utili ri-destinati allo svolgimento dell’attività statutaria e al rafforzamento patrimoniale degli enti. Ma non sono trascurabili né una serie di nuovi incentivi fiscali specifici, né – soprattutto – l’introduzione di nuovi strumenti di finanza sociale.
Ai nuovi “titoli di solidarietà” verrà applicata la stessa aliquota agevolata riservata ai titoli del debito pubblico. Se osservato su uno sfondo evolutivo ampio di finanza pubblica e privata – quello dell’accelerazione Ue sugli eurobond e sulla mobilitazione del risparmio – il disco verde Ue al Terzo settore italiano indica una ripartenza di portata più generale.
Sembra sollecitare fra l’altro un aggiustamento della mira anche nella fase finale del Pnrr: se a maggior ragione la radicale sterzata in corso delle macro-politiche Ue dovesse suggerire una rifocalizzazione delle politiche-Recovery elaborate in risposta civile all’emergenza-pandemia, non alle successive emergenze geopolitiche/militari.
Il Terzo settore italiano – colpito dalla pandemia non meno del valore aggiunto e nell’occupazione – si è mostrato in ripresa graduale nelle ultime cifre diffuse dall’Istat a fine 2024. In fase di uscita dal Covid – a fine 2022 – la popolazione degli enti (360mila) risultava ancora in leggero calo, mentre i dipendenti (919mila) erano in crescita, con un dinamismo più pronunciato al Sud che al Nord.
Sarà ora interessante osservare il “progress” statistico anche nelle diverse famiglie (associazioni, fondazioni e cooperative sociali). Ma il terreno di gioco appare arato e seminato di fresco.
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