L’ingresso nella settimana santa, con la festa delle Palme, ci sfida ogni anno circa l’immagine che ciascuno si è fatto del Salvatore. L’acclamazione che accoglie Gesù, infatti, assumerà presto ben altri connotati. “Che cosa c’è realmente nel cuore di quanti acclamano Cristo come Re d’Israele? Certamente avevano una loro idea del Messia, un’idea di come dovesse agire il Re promesso dai profeti e a lungo aspettato. Non è un caso che, pochi giorni dopo, la folla di Gerusalemme, invece di acclamare Gesù, griderà a Pilato: ‘Crocifiggilo!’. E gli stessi discepoli, come pure altri che lo avevano visto e ascoltato, rimarranno ammutoliti e smarriti. La maggior parte, infatti, era rimasta delusa dal modo in cui Gesù aveva deciso di presentarsi come Messia e Re di Israele. Proprio qui sta il nodo della festa di oggi, anche per noi” (Benedetto XVI).
Per tutta la vita Cristo ha avuto su di sé le aspettative di molti. I racconti evangelici ci mostrano un sostanziale disinteresse del Signore verso tali aspettative e un’incessante preoccupazione, invece, perché nei suoi interlocutori si accenda la vera attesa, quella del compimento della vita.
La delusione che segna gli ultimi giorni della vita di Gesù, e che condurrà Giuda al gesto estremo del tradimento, nasce dal non aver preso sul serio la proposta alla vita di ciascuno che il Figlio di Dio è venuto a portare sulla terra. Si tratta della possibilità di poter abbracciare tutto il proprio umano senza censure, malattie comprese, di vivere il quotidiano con una disponibilità allo stupore senza precedenti, di far pace con il proprio passato anche se segnato da ferite inaudite, di essere guardati con uno sguardo di misericordia che consenta una continua ripresa, di imparare il rischio nei confronti della propria e dell’altrui libertà senza dipendere dall’esito dei tentativi.
Troppo poco per quelli che si aspettavano la salvezza dalla liberazione politica. Troppo complicato per quelli che erano abituati a “tirare avanti”. Troppo astratto per quelli che avevano fatto della salute e dell’accumulo dei beni i nuovi idoli. O forse, semplicemente, troppo umano per tutti.
La settimana che inizia rappresenta la grande discesa di Cristo nel punto più intimo della nostra umanità, dove si danno appuntamento slanci e timori, speranze e delusioni, luce e tenebre di una vita che è stata preferita a tal punto da essere assunta.
La festa delle Palme, in cui si commemora l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, smaschera così anche la nostra immagine del Messia, esattamente come fece quel giorno. La strada è segnata, la decisione è presa, e così “Gesù sale sulla croce per scendere nella nostra sofferenza. Prova i nostri stati d’animo peggiori: il fallimento, il rifiuto di tutti, il tradimento di chi gli vuole bene e persino l’abbandono di Dio. Sperimenta nella sua carne le nostre contraddizioni più laceranti, e così le redime, le trasforma. Il suo amore si avvicina alle nostre fragilità, arriva lì dove noi ci vergogniamo di più. E ora sappiamo di non essere soli: Dio è con noi in ogni ferita, in ogni paura: nessun male, nessun peccato ha l’ultima parola. Dio vince, ma la palma della vittoria passa per il legno della croce. Perciò le palme e la croce stanno insieme” (Papa Francesco).
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