La Festa del lavoro non è festa soprattutto per le donne, soprattutto oggi che si creano aspettative per la tanto proclamata certificazione di parità di genere, il cui obiettivo sarebbe di incentivare le imprese ad adottare politiche che favoriscano l’occupazione femminile, garantendo giuste opportunità di carriera, parità salariale e tutele della genitorialità.
Per le aziende che otterranno la certificazione (già tentata e fallita nel 2008 e nel 2014 con uno pseudo bollino rosa di cui hanno beneficiato solo grandi aziende) saranno previsti incentivi di natura fiscale e in materia di appalti pubblici, per i quali sono stanziati, con la Legge di bilancio, 50 milioni all’anno.
A oggi a fronte del 42,1% delle donne dipendenti sul totale, solo il 27% risulta beneficiario di Cassa integrazione guadagni. Questo fa supporre che una quota significativa di donne non abbia potuto usufruire della Cig-Covid durante la pandemia per il venir meno della relazione contrattuale. È quindi uscita dal mercato, in quanto occupata con un contratto a termine arrivato a scadenza e non rinnovato.
Le donne presenti nel mercato del lavoro in Italia stanno soffrendo di grossi svantaggi. Si riduce il tasso di occupazione delle donne anche e soprattutto per intolleranza aziendale alla conciliazione lavoro/famiglia (da 50% a 48,6%), si amplia il gap occupazionale tra donne e uomini (da 17,9 a 18,9 punti) e si allarga anche la distanza dalla media europea (50,1% Italia, 63% Ue). È ragionevole ipotizzare che tra queste lavoratrici ci sia un’elevata incidenza di donne con un basso livello d’istruzione, al più la licenza di scuola media. Ed è proprio questo il gruppo di donne che l’Italia non è mai riuscita a integrare nel mercato del lavoro e sul quale si dovrebbero concentrare gli sforzi delle politiche, se vogliamo portare l’occupazione femminile almeno alla media europea.
La certificazione di genere? Non è la soluzione, anzi può anche essere burocraticamente dissuasiva per le imprese; servono contratti flessibili attraverso la contrattazione aziendale come welfare/benefit, fondi bilaterali per usufruire di congedi parentali, contratti di espansione per incentivare l’occupazione femminile, servizi territoriali per minori, anziani, persone fragili, usufruibili in pari misura per lavoratori e lavoratrici. Allora forse il 1° maggio sarà festa.
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